Tutte le entrate e le voci di bilancio del sedicente Stato Islamico

Uno “Stato” a caccia di risorse

Fin dall’inizio della sua rapida avanzata, nell’estate del 2014, l’Is ha sapientemente scelto i territori da annettere. Attualmente sotto il suo controllo c’è una zona grande quasi quanto l’Italia, a cavallo tra la Siria orientale (da Aleppo a Deir el-Zor) e l’Iraq centrale (da Mosul a Rutba). Quartier generale e “capitale” sono nella città siriana di Raqqa. Lo Stato (totalitario) islamico ha i suoi tribunali islamici, la polizia morale, scuole, media professionali per la propaganda e un esercito permanente. Ma un apparato di questo tipo costa parecchi quattrini.

Sfruttamento del territorio

Aymenn al-Tamimi, ricercatore presso il Forum sul Medio Oriente del Regno Unito, durante uno dei suoi viaggi in incognito in Siria è entrato in possesso di una copia del libro mastro di un Diwan (dipartimento governativo) del Bayt al-Mal (ministero delle Finanze). Si riferisce al governatorato di Deir el-Zor, provincia ricca di petrolio della Siria orientale sotto il controllo del Daesh dall’inizio del 2014. Quei documenti rivelano che in un solo mese (dal 23 dicembre 2014 al 22 gennaio 2015) nelle casse del governatorato sono entrati oltre 8 milioni di dollari. Quasi il 45% di quella somma viene dalla voce “confisca” che supera tutte le altre, come petrolio e gas (27,7%), tasse (23,7%), vendita di elettricità (3,9%). La popolazione finita sotto il loro dominio viene quindi costantemente depredata.

Gli ostaggi

Altre “voci di bilancio” arrivano dagli ostaggi. Quelli che non vengono uccisi, vengono “restituiti” in cambio di un riscatto. Per la liberazione di alcuni di loro è stata indetta una vera e propria asta al miglior offerente. Impossibile stimare quanto ottenga l’Is da questo business. C’è poi il traffico di esseri umani. Un rapporto dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha denunciato che oltre 25.000 donne e bambini sono stati catturati, violentati e venduti come prigionieri di guerra.

La pornografia

Gli stupri per il Daesh sono un diritto. L’ufficio propaganda dell’Is ha addirittura realizzato un “manuale di istruzioni” per i guerriglieri. Il mercato del sesso è esploso e viene alimentato da schiave e prigioniere, tenute in veri e propri campi di concentramento sessuali. Questo e altri orrori del Califfato sono raccontati nel libro Soldatessa del califfato, scritto da Simone di Meo e Giuseppe Iannini (Imprimatur, 2015), lucido e drammatico racconto di quanto visto e vissuto in prima persona a Raqqa dalla moglie (oggi in fuga) di uno dei capi combattenti tunisini del Daesh. La donna rivela anche che quando queste prede sessuali hanno i corpi ormai devastati dalle violenze, vengono letteralmente «dissanguate per soddisfare il continuo bisogno di plasma per le trasfusioni dei combattenti feriti». Per non parlare del fatto che il Daesh fa soldi persino «vendendo alla rete della pornografia mondiale i video degli stupri di gruppo sulle povere ragazze yazide e sulle prigioniere di guerra occidentali».

La droga

Secondo il Servizio federale russo di controllo sugli stupefacenti, il Daesh sta trasformando la città irachena di Ninive, nei pressi del confine con la Turchia, in un nuovo centro del narcotraffico mondiale.

Ma non finisce qui. Altre entrate sono garantite dai i pozzi di petrolio, dalle esportazioni di cotone, dal mercato delle opere d’arte trafugate.

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L’articolo completo è sul numero 44 di Left in edicola dal 21 novembre

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