Mentre le colonne dei giornali nostrani raccontano della rivolta dei sindacati in Francia, in Italia è la terza giornata di scioperi per i metalmeccanici. Il 15 giugno si manifesta in Sicilia, Calabria e Sardegna

Mentre le colonne dei giornali nostrani raccontano la rivolta dei sindacati in Francia narrando le violenze e non le ragioni, nessuna o pochissime righe sullo sciopero dei sindacati in Italia. Eppure il 15 giugno è la terza giornata di sciopero dei metalmeccanici, questa volta in Sicilia, Calabria e Sardegna. Alle prime due giornate – del 9 in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Abruzzo e Molise e del 10 in Umbria, Liguria, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Basilicata – le adesioni hanno raggiunto anche il 100%, con una media tra l’85 e il 90 per cento delle tute blu.

In migliaia hanno scioperato e manifestato in queste settimane per sostenere la vertenza con Federmeccanica-Assistal sul rinnovo del Contratto nazionale dei metalmeccanici, ovvero il contratto nazionale più grande d’Italia che riguarda 1,6 milioni di famiglie. I leader di Fim, Fiom e Uilm – Marco Bentivogli, Maurizio Landini e Rocco Palombella – denunciano il blackout di informazione sulla questione a cui, in verità, Left ha dedicato una storia di copertina sul n. 4 di gennaio 2016. Da allora, i negoziati tra sindacati e Finmeccanica – iniziati a novembre 2015 sono all’impasse. Al centro del contendere, ricordiamo, il salario. Con Federmeccanica che chiede di superare la forma del contratto nazionale di lavoro e propone una concezione nuova e diversa delle relazioni industriali. In sintesi: che il contratto resti solo per fissare il minimo salariale sindacale e per concertare alcuni strumenti di garanzia formativa e assistenziale; e che tutto il resto si contratti azienda per azienda, tenendo conto dei margini, se ci sono, di concessioni salariali e stringendo la cinghia per evitare che l’azienda soffra.

Davanti al “rinnovamento” proposto da Federmeccanica, Cgil, Cisl e Uil hanno portato al tavolo delle trattative un documento unitario, consapevoli che non si possa andare avanti con le mansioni ferme al 1973. Ma non sono disponibili a cedere sul Contratto. Numerosi incontri dopo, l’obiettivo dei sindacati resta quello di mantenere la struttura del contratto nazionale (che tutela l’85 per cento dei lavoratori), di stabilire regole più chiare e avere la garanzia di poter partecipare alle scelte aziendali.

Oggi, con Maurizio Landini a Palermo e si chiude il ciclo di scioperi proclamati unitariamente il 24 maggio. Per la cronaca, alle due giornate di sciopero unitario del 9 e 10 giugno proclamate da Fiom, Fim e Uilm si è registrata un’adesione altissima: il 100 per cento a Pomigliano e Caselle, il 95per cento a Nola, il 90 a Torino, fino al 75 di Venezia e Venegono (tutti stabilimenti del settore aeronautico), al 70 di Firenze e Genova (settore elettronica per la difesa) e al 90 per cento di Anagni (settore elicotteri). A Brindisi, per esempio, nel settore elicotteri, si è registrato il 91 per cento delle adesioni tra gli operai e il 55 tra gli impiegati.

«Queste piazze dimostrano che Federmeccanica deve cambiare posizione», tuona il segretario Fiom. Basteranno?