Per Netanyahu è un amico sincero, Putin saluta il nuovo alleato. Orban inneggia alla democrazia e Farage «la seconda rivoluzione del 2016 dopo Brexit». Berlusconi s'inchina e Le Pen prepara il terreno... Ecco cosa dicono di The Donald i leader della destra globale

La vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane ha sollevato un polverone di commenti, messaggi di supporto e di sfiducia, strizzate d’occhio e preoccupazioni. Oltre alle manifestazioni di protesta negli Usa, come non se ne vedevano da tempo. In alcuni casi emblematici ha prodotto un forte entusiasmo sbandierato ai quattro venti, allo scopo di inaugurare o rinsaldare l’alleanza con gli Stati Uniti di Trump.

ISRAELE. La dichiarazione più rilevante è arrivata dal ministro dell’educazione israeliano Naftali Bennett, leader del partito di destra religiosa “Focolare ebraico”che appresa la notizia della vittoria di Trump, ha detto: «È finita l’era dello Stato palestinese». Poi ha aggiunto:«La sua vittoria è una formidabile occasione per Israele di annunciare l’immediata revoca del concetto di uno Stato palestinese nel cuore della nostra terra, che va direttamente contro la nostra sicurezza e contro la giustezza della nostra causa». «Questa – ha concluso il ministro – è la concezione del presidente eletto così come compare nel suo programma politico e di sicuro deve essere la sua politica».
Dichiarazioni di supporto sono giunte immediatamente anche da parte del premier israeliano Benyamin Netanyahu che ha commentato: «Trump è un amico sincero dello Stato di Israele. Agiremo insieme per portare avanti la sicurezza, la stabilità e la pace nella nostra regione». «Il forte legame tra Usa e Israele si basa su valori, interessi e destino comuni. Sono sicuro che Trump ed io – ha concluso il premier – continueremo a rafforzare l’alleanza speciale tra i due Paesi e la eleveremo a nuove vette». Rispetto alle tensioni vissute durante i mandati di Barak Obama, Netanyahu immagina un periodo di collaborazione con gli Usa all’insegna dello «stesso destino di terra promessa».

TURCHIA. Alla notizia dell’elezione di Trump, il premier turco Binali Yildirim ha mandato al neo-presidente un messaggio che conferma il tifo che Ankara ha fatto lui per tutta la campagna elettorale, fino alla vigilia del voto, quando ha definito Hillary Clinton “una politica dilettante”: «Personalmente e a nome del mio Paese, accolgo con favore il risultato elettorale e auguro agli Stati Uniti un futuro di grande successo». Facendo riferimento al magnate e imam considerato la mente del golpe in Turchia di luglio, da anni residente in America, poi ha scritto «Se Trump ci consegna Fethullah Gülen, apriremo una nuova pagina delle relazioni tra i nostri due Paesi», cambiando rotta rispetto all’ultimo periodo di scontri diplomatici.

L’elezione del tycoon americano arriva mentre si acutizza lo scontro tra Unione Europea e Turchia, a causa delle violazioni dei diritti umani di cui si è macchiato il governo turco dal golpe militare a oggi. Per Bruxelles le repressioni di Erdoğan sono “incompatibili con i valori europei”: la volontà di ripristinare la pena di morte (abolita nel 2004), gli arresti del direttore del giornale Cumhuriyet, dei leader del secondo partito di opposizione HDP (Partito Democratico dei Popoli), di giornalisti, soldati e funzionari dello Stato squalificano la Turchia e le impediscono di ottenere la libera circolazione per i suoi cittadini nell’area di Schengen. A tali dichiarazioni, riportate nel rapporto annuale della Commissione di Junker, Erdoğan ha risposto: «Dicono sfacciatamente e senza vergogna che l’Ue dovrebbe rivedere i suoi negoziati con la Turchia. Fatelo. Ma non rivedeteli soltanto, prendete una decisione finale. Ma che succede se i negoziati finiscono e si aprono le porte, dove metterebbero quei tre milioni di rifugiati? È questo il loro timore. Ecco perché non possono andare fino in fondo».

RUSSIA. Un fragoroso applauso è arrivato dalla Duma russa alla notizia della vittoria di Trump e il governo di Vladimir Putin ha dichiarato «Abbiamo sentito le dichiarazioni elettorali dell’allora candidato alla Casa Bianca Donald Trump mirate a ripristinare i rapporti fra la Russia e gli Usa. Noi capiamo e ci rendiamo conto che sarà un percorso difficile dato il deterioramento in cui si trovano le nostre relazioni. La Russia è pronta a far la sua parte e desidera ricostruire i rapporti a pieno titolo con gli Usa».
«Putin – riporta una nota del Cremlino – ha espresso la speranza di un lavoro congiunto per far uscire le relazioni russo-americane dalla crisi, per affrontare le questioni internazionali pressanti e cercare risposte efficaci alle sfide relative alla sicurezza globale». Inaspettatamente sono arrivate parole accoglienti anche da parte dell’ultimo leader sovietico Michail Gorbačëv: «Non escludo che con il nuovo presidente americano ci possa essere un miglioramento notevole dei rapporti russo-americani».
Molti commentatori statunitensi hanno definito Putin “il vero vincitore delle elezioni”, dal momento che non ha fatto mistero della sua preferenza per Trump negli ultimi mesi. Ma la vittoria del candidato repubblicano ha fatto crollare il prezzo del petrolio e Putin, il politico “del sistema”, preferisce evitare le situazioni di incertezza. Non gli resterà che aspettare la fine della transizione da Obama al nuovo presidente per avviare i primi accordi.

IN EUROPA. Manifestazioni di entusiasmo sono arrivate anche dall’Europa, a cominciare dall’Ungheria di Viktor Orbán – che condivide molti dei valori del neo-presidente Trump, soprattutto in materia di sicurezza nazionale – il quale ha commentato «Che magnifica notizia. La democrazia è ancora viva!».
Anche il premier spagnolo Mariano Rajoy si è congratulato con il neo-presidente per la vittoria: «Continueremo a lavorare per rafforzare le relazioni che ci uniscono agli Usa, un socio indispensabile» ha scritto su Twitter. Il nuovo ministro degli esteri di Madrid Alfonso Dastis ha inoltre affermato che ci sono “eccellenti prospettive” per lo sviluppo delle buone relazioni fra Spagna e Stati Uniti. Conciso e sintetico il messaggio della cancelliera tedesca Angela Merkel che rinsalda il rapporto preferenziale tra Germania e Stati Uniti: «Mi congratulo con il vincitore delle elezioni presidenziali negli Usa, e offro stretta collaborazione. Abbiamo valori comuni: con nessun altro Paese, al di fuori dell’Unione europea, abbiamo un legame più profondo». Entusiasta Nigel Farage, il numero uno del partito antieuropeista e populista britannico Ukip: «Sembra che il 2016 stia per essere l’anno di due grandi rivoluzioni politiche» ha commentato, enfatizzando il successo di Trump, che sarebbe «più grande di quello della Brexit». «Al presidente Trump vanno i miei auguri. Sono sempre stato e sarò sempre il più leale alleato degli Stati Uniti in Europa, riconoscente al Paese che ha garantito la nostra libertà per tutto il ventesimo secolo», ha dichiarato il leader di Fi, Silvio Berlusconi dicendosi «convinto che il presidente scelto dal popolo americano potrà garantire con autorevolezza ed equilibrio il difficile ruolo degli Stati Uniti come paese-guida del mondo libero, nell’ambito dei complessi e delicati equilibri mondiali».

Ma il primo messaggio su Twitter rivolto a Trump è stato quello della leader del Front National Marine Le Pen (che tra sei mesi si candiderà alle elezioni in Francia), quando ancora non era ufficiale la vittoria del candidato repubblicano: «Felicitazioni al nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump e al popolo americano libero!».