E dopo il caso siciliano, anche in Emilia la trasparenza del Movimento scricchiola. Fra gli indagati per irregolarità durante la raccolta firme, anche il consigliere comunale Marco Piazza. Per il capogruppo Bugani: «errore irrisorio». Senza il quale, però, oggi, i Cinquestelle non sarebbero fra gli eletti in Regione

E dopo Palermo, anche nella virtuosa Bologna spuntano i nomi di 4 indagati del Movimento 5 Stelle. Tra loro, il consigliere comunale e vicepresidente del consiglio Marco Piazza, al secondo mandato e spalla di Massimo Bugani, anche lui al secondo e ultimo mandato. Il reato ipotizzato è la violazione della legge elettorale; le elezioni in questione, le Regionali del 2014 in Emilia-Romagna. Un’indagine durata due anni, con centinaia di persone sentite, e partita dall’esposto di due ex attivisti dell’Appennino, Stefano Adani e Paolo Pasquino. La contestazione del fascicolo del pm Michela Guidi, quella di aver autenticato firme non apposte in presenza dei certificatori oppure in luogo diverso rispetto al requisito di territorialità o in mancanza della qualità del pubblico ufficiale.

Il Movimento 5 Stelle, si era trovato a dover raccogliere firme in fretta e furia, a causa della esclusione dalle candidature (e poi della cacciata) del capogruppo regionale uscente Andrea Defranceschi. Motivo? Risultava indagato per le spese del gruppo consiliare. Indagine poi svoltata in suo favore, con l’assoluzione e la conferma della Procura che confermava “l’oculatezza delle spese”. Un bel paradosso, quello che ora i Cinquestelle duri e puri si troveranno a sbrogliare. Proprio i consiglieri comunali, infatti, si erano trovati a volere l’esclusione e a gridare all’onestà.

Il leader del M5S, Beppe Grillo, durante il suo comizio a Bologna, 10 maggio 2014. In quest'occasione, sospese il capogruppo regionale Andrea Defranceschi, ai tempi indagato e poi assolto. ANSA/GIORGIO BENVENUTI
Il leader del M5S, Beppe Grillo, durante il suo comizio a Bologna, il 10 maggio 2014. In quest’occasione, sospese il capogruppo regionale Andrea Defranceschi, ai tempi indagato e poi assolto. ANSA/GIORGIO BENVENUTI

Marco Piazza, dunque, dicevamo. Per chi conosce il Movimento bolognese, sa che è lui il lavoratore della situazione, una specie di tuttofare, che con grande impegno copre tutti i buchi del capogruppo, troppo intento a presentare eventi (come Imola5Stelle) o a scrivere sul blog. Non stupisce dunque, che nell’indagine della Procura di Bologna per firme false, spunti il suo nome. Assieme a lui, un altro fedelissimo, Stefano Negroni, dipendente comunale e afferente al gruppo in Comune, l’attivista Tania Fiorini e un’altra dipendente regionale.

Tra i quattro episodi denunciati, la raccolta firme per le regionali effettuata durante Italia a 5 Stelle al Circo Massimo a Roma (10-12 ottobre 2014). Firme raccolte dunque decisamente fuori dal territorio di pertinenza. Violazioni testimoniate da foto, prontamente allegate all’esposto depositato. Sulla questione, il 10 e il 12 ottobre scorso, Mara Mucci e Aris Prodani, entrambi deputati ex pentastellati, hanno presentato un’interrogazione ai ministri della Giustizia e dell’Interno per avere risposte sulla vicenda.

Gli altri tre episodi riguarderebbero l’assenza del pubblico ufficiale che ha il compito di certificare la veridicità e l’autenticità delle sottoscrizioni: due sarebbero accaduti a Bologna (nel circolo Mazzini e durante il ‘Firma Day’), mentre l’ultimo si sarebbe verificato durante una raccolta firme a Vergato. Durante le raccolte firma a Bologna, i due certificatori erano Massimo Bugani e il suo collega in Comune, Marco Piazza. Bugani, che aveva persino minacciato querela nei confronti dei depositari dell’esposto, ha sempre assicurato di essere stato presente in ogni momento per certificare le firme e che non ci sono state irregolarità di nessun tipo. A quanto pare però, la magistratura non la pensa come lui.

E anche stando alle prove portate, Bugani sembrerebbe più che informato. In questo post, si parla della raccolta firme in questione. un attivista scrive “già firmato al circo Massimo” e il consigliere gli dedica un bel like.

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Ci si aspetterebbe un grido di onestà e trasparenza, ora. Invece, come ormai da abitudine Cinquestelle, il capogruppo comunale, al tempo feroce accusatore dei due consiglieri regionali e capo della battaglia per la loro espulsione, usa due pesi e due misure, e ora minimizza: «fessacchioni», li chiama, dichiarando che se c’è qualcuno che «ha preso firme a Roma, si dimostrerà che sono firme vere poi portate a un banchetto e infilate dentro agli altri moduli. Se l’errore è grave o no, vedremo – prosegue, e aggiunge che «se l’errore è questo è risibile». Non tanto, in realtà, dato che senza quelle firme, non sarebbero presentato una lista e oggi il Movimento 5 Stelle non avrebbe rappresentanti in Consiglio regionale.

Non un dettaglio da poco.

 

Il candidato per il Movimento 5 Stelle Massimo Bugani, accompagna il fratello Fulvio al voto nel seggio di via Finelli, Bologna, 5 giugno 2016. ANSA/GIORGIO BENVENUTI
Il candidato per il Movimento 5 Stelle Massimo Bugani ai seggi, Bologna, 5 giugno 2016. ANSA/GIORGIO BENVENUTI

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.