«Una vera e propria emergenza nazionale», l'ha definita il presidente del Senato Pietro Grasso aprendo, a 24 anni dalla legge 257 che vietava l'utilizzo del pericoloso materiale, la seconda Assemblea nazionale sull'amianto, nel corso della quale è stato presentato il disegno di legge con Testo unico ad hoc elaborato dalla Commissione infortuni sul lavoro in collaborazione con l’Università degli studi di Milano. «Il quadro normativo si è dimostrato inadeguato per contraddittorietà, sovrapposizioni, discontinuità - ha ammesso il ministro della giustizia Andrea Orlando -. Da qui l'esigenza non più derogabile di un Testo Unico sulla materia». Sono 128 articoli suddivisi in 8 titoli, dall'ambiente alla sicurezza sul lavoro, dallo sviluppo alla giustizia, i cui punti chiave sono: obbligo di denunciare gli edifici con presenza di amianto e obbligo di bonifica; fondo per le vittime e i familiari e più tempo per concludere i processi con termini di prescrizione raddoppiati; l'istituzione dell'Agenzia nazionale amianto. L'obiettivo, ha spiegato la senatrice Camilla Fabbri, prima firmataria del testo e presidente della Commissione di inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali «è mappare tutto l'amianto e censire le patologie, senza più discrepanze regionali. Le misure per la riconversione delle aree industriali dismesse, sono finalizzate a ché l'amianto sia anche una occasione di sviluppo. Sul piano processuale, abbiamo previsto il raddoppio dei termini delle indagini preliminari e della prescrizione e il patrocinio a spese dello Stato per le vittime dell'amianto e i familiari, perché sia garantita giustizia». Ma quali sono i numeri dell'Italia avvelenata dalla fibra killer? Una mappatura approssimativa, stilata da wired.it, sebbene comprenda solo 14 regioni su 20, indican la presenza di poco meno di 11mila siti contaminati dalla fibra, e dà già un'idea della situazione. Si stimano siano 32 milioni le tonnellate ancora presenti sul territorio. Mentre 75mila sono gli ettari in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto, secondo i dati del Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente. La parzialità dei dati è dovuta al fatto che sebbene le regioni avrebbero dovuto dotarsi, entro 180 giorni dalla pubblicazione della legge 257 (del 1992!) di Piani regionali amianto, ad oggi Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna ne sono ancora sprovvisti. Una mappatura inefficace, incompleta e di conseguenza irresponsabile. Immaginate come risulterebbe la cartina, se la mappatura fosse completa.
Oltre all'evidente urgenza di un censimento minuzioso al quale far seguire effettiva bonifica, il dato più preoccupante è rappresentato delle morti legate all'asbesto. Ogni anno, stando ai dati raccolti da Legambiente, sono 4mila le persone decedute a seguito dell'esposizione all'amianto. Con oltre 15mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2008, stando ai dati del Registro nazionale mesotelioma di Inail. Quindi decisamente al ribasso rispetto alla realtà. Anche perché l'amianto è un materiale che non si esaurisce, la sua tossicità dunque continua a mietere vittime nel tempo. Le morti sono destinati ad aumentare e stando agli studi in materia il picco si dovrebbe raggiungere nel 2020. Altro dato che rischia di far saltare i buoni propositi, è il numero degli impianti di bonifica. Attualmente le regioni dotate di almeno un impianto specifico sono 11, per un totale di 24 impianti (5 in Sardegna, 4 in Piemonte e Toscana, 2 in Emilia, Lombardia e Basilicata, 1 in Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la provincia autonoma di Bolzano), con volumetrie residue insufficienti a garantire un corretto smaltimento dei materiali che ancora oggi finiscono al 75% in discariche fuori dai nostri confini. Sempre secondo Legambiente, infatti, troppo pochi sono gli interventi realizzati ad oggi: 27.020 edifici tra pubblici e privati;  26.868 quelli in corso da anni; molti, inquantificabili, quelli ancora da iniziare. Tanto che di questo passo si stimano non meno di 85 anni per completare le bonifiche.

«Una vera e propria emergenza nazionale», l’ha definita il presidente del Senato Pietro Grasso aprendo, a 24 anni dalla legge 257 che vietava l’utilizzo del pericoloso materiale, la seconda Assemblea nazionale sull’amianto, nel corso della quale è stato presentato il disegno di legge con Testo unico ad hoc elaborato dalla Commissione infortuni sul lavoro in collaborazione con l’Università degli studi di Milano. «Il quadro normativo si è dimostrato inadeguato per contraddittorietà, sovrapposizioni, discontinuità – ha ammesso il ministro della giustizia Andrea Orlando -. Da qui l’esigenza non più derogabile di un Testo Unico sulla materia».

Sono 128 articoli suddivisi in 8 titoli, dall’ambiente alla sicurezza sul lavoro, dallo sviluppo alla giustizia, i cui punti chiave sono: obbligo di denunciare gli edifici con presenza di amianto e obbligo di bonifica; fondo per le vittime e i familiari e più tempo per concludere i processi con termini di prescrizione raddoppiati; l’istituzione dell’Agenzia nazionale amianto.

L’obiettivo, ha spiegato la senatrice Camilla Fabbri, prima firmataria del testo e presidente della Commissione di inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali «è mappare tutto l’amianto e censire le patologie, senza più discrepanze regionali. Le misure per la riconversione delle aree industriali dismesse, sono finalizzate a ché l’amianto sia anche una occasione di sviluppo. Sul piano processuale, abbiamo previsto il raddoppio dei termini delle indagini preliminari e della prescrizione e il patrocinio a spese dello Stato per le vittime dell’amianto e i familiari, perché sia garantita giustizia».

Ma quali sono i numeri dell’Italia avvelenata dalla fibra killer?

Una mappatura approssimativa, stilata da wired.it, sebbene comprenda solo 14 regioni su 20, indican la presenza di poco meno di 11mila siti contaminati dalla fibra, e dà già un’idea della situazione. Si stimano siano 32 milioni le tonnellate ancora presenti sul territorio. Mentre 75mila sono gli ettari in cui è accertata la presenza di materiale in cemento amianto, secondo i dati del Programma nazionale di bonifica del ministero dell’Ambiente.

La parzialità dei dati è dovuta al fatto che sebbene le regioni avrebbero dovuto dotarsi, entro 180 giorni dalla pubblicazione della legge 257 (del 1992!) di Piani regionali amianto, ad oggi Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Puglia e Sardegna ne sono ancora sprovvisti. Una mappatura inefficace, incompleta e di conseguenza irresponsabile. Immaginate come risulterebbe la cartina, se la mappatura fosse completa.

Oltre all’evidente urgenza di un censimento minuzioso al quale far seguire effettiva bonifica, il dato più preoccupante è rappresentato delle morti legate all’asbesto. Ogni anno, stando ai dati raccolti da Legambiente, sono 4mila le persone decedute a seguito dell’esposizione all’amianto. Con oltre 15mila casi di mesotelioma maligno diagnosticato dal 1993 al 2008, stando ai dati del Registro nazionale mesotelioma di Inail. Quindi decisamente al ribasso rispetto alla realtà. Anche perché l’amianto è un materiale che non si esaurisce, la sua tossicità dunque continua a mietere vittime nel tempo. Le morti sono destinati ad aumentare e stando agli studi in materia il picco si dovrebbe raggiungere nel 2020.

Altro dato che rischia di far saltare i buoni propositi, è il numero degli impianti di bonifica. Attualmente le regioni dotate di almeno un impianto specifico sono 11, per un totale di 24 impianti (5 in Sardegna, 4 in Piemonte e Toscana, 2 in Emilia, Lombardia e Basilicata, 1 in Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la provincia autonoma di Bolzano), con volumetrie residue insufficienti a garantire un corretto smaltimento dei materiali che ancora oggi finiscono al 75% in discariche fuori dai nostri confini.

Sempre secondo Legambiente, infatti, troppo pochi sono gli interventi realizzati ad oggi: 27.020 edifici tra pubblici e privati;  26.868 quelli in corso da anni; molti, inquantificabili, quelli ancora da iniziare. Tanto che di questo passo si stimano non meno di 85 anni per completare le bonifiche.

Impicciarsi di come funzionano le cose, è più forte di lei. Sarà per questo - o forse per l'insanabile e irrispettosa irriverenza - che da piccola la chiamavano “bertuccia”. Dal Fatto Quotidiano, passando per Narcomafie, Linkiesta, Lettera43 e l'Espresso, approda a Left. Dove si occupa di quelle cose pallosissime che, con suo estremo entusiasmo invece, le sbolognano sempre: inchieste e mafia. E grillini, grillini, grillini. Dalla sua amata Emilia-Romagna, torna mestamente a Roma, dove attualmente vive.