L'abbiamo scritto dappertutto, all'inizio rischiando addirittura di essere complottisti, che gli accordi di Minniti con le truppe libiche puzzavano da lontano di qualcosa che non aveva nulla a che fare con la mediazione politica e con il rispetto dei diritti umani. E ci hanno detto che eravamo buonisti. Poi gliel'ha chiesto la politica, il Parlamento e lui, lo sceriffo Minniti tutto tronfio del momentaneo calo dei migranti, si è appoggiato agli istinti peggiori della paura e di certa destra per giustificare il proprio operato e addirittura andarne fiero. "In qualche modo bisogna pur fare", hanno scritto gli editorialisti da bar sport sempre alla ricerca dell'applauso facile. E se in quel "qualche modo" ci scappa il morto o qualche iniezione di denaro a clan non proprio convenzionali, Minniti e i suoi sgherri insistono nel dire che ne vale la pena. Ora scrive il commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks, direttamente al ministro: “Le sarei grato”, si legge, “se potesse chiarire che tipo di sostegno operativo il suo governo prevede di fornire alle autorità libiche nelle loro acque territoriali, e quali salvaguardie l’Italia ha messo in atto per garantire che le persone salvate o intercettate non rischino trattamenti e pene inumane, e la tortura”. E poi: “A questo proposito la mia attenzione si è concentrata su un cambiamento nelle operazioni nel mar Mediterraneo dell’Italia. Per quello che so, il governo italiano, sull’invito del governo libico, ha schierato navi nelle acque territoriali libiche, con l’obiettivo dichiarato di aiutare le autorità libiche a frenare il flusso dei migranti”. E proprio nella lettera del Consiglio d'Europa c'è il punto fondamentale: citando la sentenza della Corte europea dei diritti umani del 2012 (Hirsi Jamaa and others v.Italy) con cui l’Italia venne condannata per i respingimenti in Libia si ricorda a Minniti che “la Corte ha stabilito che le difficoltà degli stati membri di fronte all’aumento dei flussi migratori dal mare non può esimere uno stato dai suoi doveri contenuti nell’articolo 3 della Convenzione, che proibisce di esporre le persone alla tortura o a trattamenti inumani e degradanti o punizioni.” Chissà se risponde Minniti. Chissà che risponde Minniti. Buon giovedì.

L’abbiamo scritto dappertutto, all’inizio rischiando addirittura di essere complottisti, che gli accordi di Minniti con le truppe libiche puzzavano da lontano di qualcosa che non aveva nulla a che fare con la mediazione politica e con il rispetto dei diritti umani. E ci hanno detto che eravamo buonisti.

Poi gliel’ha chiesto la politica, il Parlamento e lui, lo sceriffo Minniti tutto tronfio del momentaneo calo dei migranti, si è appoggiato agli istinti peggiori della paura e di certa destra per giustificare il proprio operato e addirittura andarne fiero.

“In qualche modo bisogna pur fare”, hanno scritto gli editorialisti da bar sport sempre alla ricerca dell’applauso facile. E se in quel “qualche modo” ci scappa il morto o qualche iniezione di denaro a clan non proprio convenzionali, Minniti e i suoi sgherri insistono nel dire che ne vale la pena.

Ora scrive il commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks, direttamente al ministro: “Le sarei grato”, si legge, “se potesse chiarire che tipo di sostegno operativo il suo governo prevede di fornire alle autorità libiche nelle loro acque territoriali, e quali salvaguardie l’Italia ha messo in atto per garantire che le persone salvate o intercettate non rischino trattamenti e pene inumane, e la tortura”. E poi: “A questo proposito la mia attenzione si è concentrata su un cambiamento nelle operazioni nel mar Mediterraneo dell’Italia. Per quello che so, il governo italiano, sull’invito del governo libico, ha schierato navi nelle acque territoriali libiche, con l’obiettivo dichiarato di aiutare le autorità libiche a frenare il flusso dei migranti”.

E proprio nella lettera del Consiglio d’Europa c’è il punto fondamentale: citando la sentenza della Corte europea dei diritti umani del 2012 (Hirsi Jamaa and others v.Italy) con cui l’Italia venne condannata per i respingimenti in Libia si ricorda a Minniti che “la Corte ha stabilito che le difficoltà degli stati membri di fronte all’aumento dei flussi migratori dal mare non può esimere uno stato dai suoi doveri contenuti nell’articolo 3 della Convenzione, che proibisce di esporre le persone alla tortura o a trattamenti inumani e degradanti o punizioni.”

Chissà se risponde Minniti. Chissà che risponde Minniti.

Buon giovedì.