Manuela Diliberto fa l’archeologa, vive a Parigi e ha un fratello famoso, Pif. L’oscura allegrezza è il suo primo romanzo, ambientato in un 1911 che fra nazionalismi, femministe in lotta ed Europa in crisi, ci ricorda molto questo nostro 2017

«Due anni fa pensavo bastasse scrivere un libro, che il difficile fosse quello, non pubblicarlo… Ho capito solo dopo che essere scrittori debuttanti non è facile. Anzi, qui è ancora più difficile che in Francia, in Italia ci vuole “il lancio” e allora, visto che comunque per un periodo sarei stata costretta ad essere, purtroppo e fastidiosamente, “la sorella di”, tanto valeva sfruttare la cosa. Mettere subito le carte in tavola e dichiararlo apertamente». A parlare è Manuela Diliberto, suo fratello è Pif, ex iena, conduttore televisivo e regista di La mafia uccide solo d’estate. Manuela nella vita ovviamente non fa solo la “sorella di”, oltre a lavorare come archeologa a Parigi, ha appena pubblicato L’oscura allegrezza il suo primo romanzo. «È il frutto di un lavoro lunghissimo, ho iniziato a scriverlo a19 anni e l’ho finito di scrivere solo due anni fa. Di getto, perché alla fine dopo averlo portato con me per tutto questo tempo avevo già tutto in testa» racconta. Il risultato è un libro sfaccettato e ricco di dettagli storici, ambientato più di cent’anni fa, ma comunque capace di farci leggere somiglianze con molti fatti che occupano quasi tutti i giorni le prime pagine dei quotidiani. 
C’è tutto in L’oscura allegrezza: la crisi economica, il lavoro che manca, i populismi e i nazionalismi che dilagano fra la gente, favoriti anche dalle politiche di un establishment sempre più miope e lontano dalle esigenze del Paese reale. I parallelismi funzionano talmente bene che ci si chiede “siamo sicuri che si tratti proprio del 1911?”. «I punti in comune con quello che succede oggi sono tanti» ci dice Manuela «nell’Italia e nell’Europa di allora aleggiava la stessa “paura di perdere” che ci ossessiona in questo momento storico. La paura di perdere il lavoro e dover emigrare; la paura di perdere la propria identità e quindi la necessità di riaffermarla con forza…», insomma innalzando muri o gridando “prima gli Italiani!” per dirla con retorica salviniana.
A tirare un fil rouge fra ieri e oggi sono anche le lotte sociali, le battaglie per i diritti dei lavoratori e per la parità di genere, cose che qualcuno probabilmente preferirebbe catalogare come relitti novecenteschi, ma che (per fortuna) sono più vive che mai. Basta pensare alle proteste in Francia contro la Loi Travail, dove per mesi la gente è scesa in strada, o alla marcia delle donne su Washington per manifestare contro l’elezione di Donald Trump, a favore della parità di genere. «Il passato e la storia funzionano da specchio, siamo quello che siamo stati. Leggere dei limiti e pregiudizi contro i quali si scontrava una donna nel 1911 ci dà un’idea dei progressi che abbiamo fatto, ma anche la misura di come, a più di cent’anni di distanza, molte ingiustizie continuino ad essere perpetrate. Il mondo è cambiato, certo, ma non così tanto e non quanto avremmo voluto», si infervora Manuela quando parla di parità di genere, almeno quanto la protagonista del suo romanzo, Bianca che prende a modello la rivoluzionaria Aleksandra Kollontaj.

L’articolo continua su Left in edicola

 

SOMMARIO ACQUISTA