In Mujeres, di Pino Cacucci e Stefano Delli Veneri, la storia affascinante e suggestiva di alcune donne indipendenti, coraggiose e impegnate del primo Novecento. Fu grazie a loro che la ventata di rinnovamento e progresso civile si manifestò in Messico mezzo secolo prima che in Europa e negli Stati Uniti

La pittrice Frida Khalo, la fotografa e attivista Tina Modotti, la pittrice e poetessa Nahui Olin sono solo alcune delle protagoniste del nuovo libro di Pino Cacucci, Mujeres (Feltrinelli comics), che racconta storie di vita di artiste e attiviste, donne indipendenti, coraggiose e impegnate che parteciparono attivamente alla rivoluzione messicana. Molte di loro, più degli uomini, seppero incarnare una vera trasformazione sociale e di valori in senso progressista. Basta pensare per esempio a Elvia, ovvero, Rita Cetina Gutiérrez che fondò la società femminista La siempreviva. Pubblicava una rivista dove si potevano leggere articoli di John Stuart Mill e della filosofa Mary Wollstonecraft (madre di Mary Shelley) e interventi che affrontavano temi come la sessualità femminile, l’aborto, il controllo delle nascite.

«Si trattava delle menti più ardenti e geniali della città, donne fiere e orgogliose, protagoniste e non più succubi, capaci di ridicolizzare i maschi in pubblico se si comportavano da cretini, donne che sapevano guadagnarsi il rispetto per com’erano e per cosa facevano…», dice Carmen Mondragón in Mujeres. Pittrice, modella e scrittrice, rivendicando radici azteche, prese il nome di Nahui Olin. Analogamente, per denunciare la colonizzazione, Frida amava ricreare immagini dell’arte india, pre colombiane di altre tradizioni autoctone latino americane.
Con questo libro «abbiamo cercato di raccontare l’epoca più intensa e creativa del XX secolo, quegli anni Venti e Trenta che videro le donne messicane artefici della cosiddetta “postrivoluzione” e, di fatto, della vera rivoluzione.

La ventata di rinnovamento e progresso civile, che Europa e Stati Uniti avrebbero vissuto negli anni Settanta, nella capitale messicana si era già manifestata mezzo secolo prima», approfondisce Cacucci raccontando la genesi di questa nuova opera a quattro mani che sarà presentata al festival Encuentro, festival della letteratura spagnola e latinoamericana, il 3 maggio a Perugia. Un po’ graphic novel un po’ fotoromanzo disegnato, in Mujeres la scrittura si fa immagine in movimento grazie alle tavole di  Stefano Delli Veneri, che ha lavorato di fantasia a partire da quadri, fotografie d’epoca, ritratti d’autore, come quello, intenso e toccante di Julio Antonio Mella (scattato da Tina Modotti), rivoluzionario cubano che progettava una spedizione armata a Cuba per liberare l’isola dalla dittatura di Gerardo Machado.

In questo affresco corale di un’epoca e di una generazione, affidato alla voce narrante di Nahui Olin, è proprio la figura di Tina Modotti (per quanto sullo sfondo) a stagliarsi con maggiore spessore drammatico. Cacucci aveva già raccontato la sua storia in un altro libro, Tina, che è già un classico. Qui la vicenda umana e politica della rivoluzionaria fotografa che dovette lasciare Udine per andare in cerca di fortuna all’estero, appare in filigrana. Emigrante, operaia, costretta a lottare per la sopravvivenza ma anche artista di grande sensibilità capace di trasformare in frammenti poetici le mani dei contadini, i cappelli e persino gli strumenti da lavoro. Quelle immagini sono ancora oggi presenza viva di un popolo, quello messicano, che seppe alzare la testa e lottare contro l’oppressione. Mujeres non racconta direttamente la storia della rivoluzione, ma attraverso una serie di flash back, accenna ai nodi più importanti ricostruendo la fitta la trama di rapporti fra i personaggi, artisti, scrittori, militanti rivoluzionari e clandestini, anche venuti dall’estero. Come Trotsky che restò profondamente affascinato da Frida Khalo, mentre Tina Modotti ne prese subito le distanze, per obbedienza al regime comunista, con tutte le tragiche conseguenze che quella adesione ebbe nella sua vita. A questo il libro di Cacucci e Delle Veneri accenna immaginando un ultimo drammatico incontro fra Nahui Olin e Tina Modotti, entrambe segnate dalle difficoltà della vita ma anche – chissà – da scelte come quella di Tina di allontanarsi dagli ideali libertari degli anni giovanili della rivoluzione messicana per passare oltre cortina annullando se stessa. Ci sarebbe da capire perché gran parte di quel gruppo di artisti che avevano abbracciato la rivolta di Zapata, che avevano espresso il meglio di sé negli anni rivoluzionari, poi andarono incontro a una fine triste e tragica.

Anche Nahui Olin in questo libro appare come una sopravvissuta agli anni e a se stessa. Anche se racconta con orgoglio ad un giovane assetato di sapere i travolgenti anni Venti e Trenta, quando era protagonista della vivace vita culturale di Città del Messico come scrittrice musa e modella dei maggiori artisti dell’epoca. «Te lo racconto io, cosa eravamo noi, le donne di Città del Messico: quelle che fecero la verdadera revolución… altro che voi uomini, che eravate bravi a spararvi addosso l’un l’altro… ma in quanto a cambiare davvero la realtà, ah, poveretti!». Tornano qui echi del romanzo Nahui di Cacucci e poi flash dei suoi Tina e ¡Viva la vida!, in cui aveva raccontato Frida Khalo. Quella di Frida, Diego Rivera, Chavela Vargas fu una rivolta che anticipava il ‘68 nella celebrazione di una libertà senza identità che praticava l’amore libero senza avere capacità di amare? Il discorso chiederebbe un lungo approfondimento, una lettura della storia che sappia andare al di là dei fatti, senza trascurare di contestualizzare quella rivolta giovanile, su cui si abbatté una durissima repressione. Mujeres ha il merito di non essere un libro a tesi, proponendo interessanti suggestioni e indirettamente sollevando molte domande. In questa chiave racconta molti episodi memorabili. Come l’impresa di Rivera, Orozco, Siqueiros, Charlot e altri artisti, che tra il 1921 al 1924, riuscirono ad affrescare numerosi interni di palazzi pubblici e governativi. Fra questi l’anfiteatro del Colegio de San Ildefonso, ex collegio gesuita e allora sede delle scuole medie statali per la quale Rivera volle che Nahui impersonasse «la poesia erotica». Si narra che in quella scuola ci fosse una pestilenziale ragazzina che, mentre dipingeva, gli faceva una ridda di scherzi. Rivera allora non avrebbe mai detto che quella smorfiosa sarebbe diventata la pittrice Frida Khalo e il suo grande amore. Anni dopo la incontrò di nuovo in casa di Tina Modotti. Le due giovani donne e artiste erano legate da una comune passione politica. Diego era molto più grande di lei, di stazza imponente, aveva sempre la pistola alla cintura ma «con le donne…Diego Rivera si scioglieva, sembrava quasi rimpicciolire, mostrandosi per come era dentro: le amava tutte, con dedizione, illudendosi ogni volta di avere davanti la passione di un’intera vita. Possedeva qualcosa di magico, un tono suadente, lo sguardo da sognatore, parlava di arte e di passione rivoluzionaria». Tanto che Frida ebbe a dire che la vita le aveva riservato due sciagure: l’incidente che la ferì quasi a morte e incontrare Rivera.

L’articolo di Simona Maggiorelli è tratto da Left del 27 aprile 2018


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