A colloquio con il decano dei divulgatori scientifici italiani, il cacciatore di bufale per eccellenza, paranormali e non, Piero Angela. «Il pubblico va abituato. Deve sapere che ha il diritto di essere informato da fonti credibili e responsabili di ciò che dicono»

«Le fake news sono un virus che può compromettere un Paese intero. Quelle sulla medicina e sulla salute sono le più gravi e pericolose. Possono fare molto male alle persone». Da decano dei divulgatori scientifici italiani, Piero Angela, mette subito in chiaro cosa pensa dei propagatori di bufale. Avendo passato tutta la vita a smascherare ciò che non è vero e a distinguerlo da ciò che invece è reale «con metodo e buon senso». Gli rivolgiamo alcune domande mentre si prepara per il Cicap fest di Padova organizzato dal Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze, il cui tema quest’anno è “Scienza, verità e bugie della vita quotidiana”.

Piero Angela, come ci si difende dalle fake news?
Parliamo di quelle sulla medicina. L’informazione scientifica in generale è molto carente nel nostro Paese. Le notizie di scienza e tecnologia non hanno molto appeal presso il grande pubblico. Sono più vincenti articoli e messaggi di natura complottista, che alimentano ciò che io chiamo il pensiero “magico”, cioè non realistico, come può essere quello di avere una cura attraverso metodi alternativi, non scientifici. La via più ragionevole per depotenziare queste notizie non consiste nel ribattere colpo su colpo, perché è inutile. Ed è quello che stanno seguendo il ministero della Salute, l’Istituto superiore di sanità e l’ordine dei medici creando dei portali istituzionali dove la gente può trovare le informazioni corrette nel campo della salute. E non mi riferisco solo ai vaccini.

C’è chi non sembra in grado di distinguere le fonti autorevoli da quelle inaffidabili.
Anche nel nostro lavoro di giornalisti è fondamentale avere buone fonti, affidabili e verificate. I giornali hanno un direttore responsabile che risponde anche in tribunale delle cose che pubblica. Ma oggi le notizie viaggiano soprattutto attraverso canali diversi dove non ci sono più questi strumenti che vincolano alla responsabilità. Il pubblico va quindi abituato. Deve sapere che ha il diritto di essere informato da fonti credibili e che sono responsabili di ciò che dicono. Naturalmente in una scuola questo è un messaggio da diffondere in continuazione. Lo dovrebbero fare anche i giornali: citare le fonti per informare il pubblico su dove poter trovare le notizie attendibili, serie, fondate. Poi è chiaro che ci sono alcune persone che non sentono alcuna ragione, che sono convinte di quello che credono. Dico questo avendo una lunga esperienza di inchieste nel mondo del “paranormale”. 

Abbiamo assistito a dei talk show in cui a discutere di vaccini sono stati messi a confronto un microbiologo e un critico musicale.
In scienza, uno non vale uno. La scienza non è democratica. Se per parlare di salute pubblica a un medico specializzato e con i titoli a posto viene opposto un cantante non si dovrebbero aver dubbi su chi ascoltare. Il problema è per chi crede al cantante, ma queste sono persone perdute. Vorrà dire che prenderanno medicine sbagliate. Pagheranno le conseguenze.

Lei più volte ha auspicato la emanazione di leggi molto severe per reprimere questo fenomeno e condannare chi minaccia il buon utilizzo di internet.
Ci vogliono certamente delle regole. Le racconto il mio caso. Ho fatto in Tv un servizio molto critico sull’omeopatia e sono stato denunciato dai medici omeopati. Ho avuto una serie di processi dai quali sono uscito sempre completamente assolto. Perché il tribunale ha riconosciuto non solo che quello che ho detto è ciò che sostiene la comunità scientifica ma anche, cosa importante, ha riconosciuto il mio diritto a non far parlare una controparte. 

Cioè, gli omeopati invocavano la par condicio?
Sì, mi hanno denunciato anche per questo. Io ho spiegato al giudice che in un programma scientifico non si può ospitare una persona che dice cose non provate. Nella scienza c’è un metodo in base al quale se uno afferma una cosa la deve sempre provare. Se non ci riesce, non ha diritto di accesso nell’ambito del dibattito scientifico. Qualcosa del genere dovrebbe esistere anche nel web. Non c’è più la responsabilità dell’informazione. Si dà una notizia, che se non è vera, addirittura può indurre qualcuno a prendere medicine che fanno male, e non succede niente. Per ciò che viene scritto su internet nessuno sbaglia e nessuno paga. 

Lei da fondatore e presidente del Cicap sa bene che c’è una fake news che resiste da secoli: la sindone. Perché secondo lei, c’è gente che crede a storie come questa palesemente false?
Per tante ragioni. Alcuni non si fidano della scienza per ragioni proprie. Per altri indubbiamente le soluzioni facili e indolori – come è l’acqua e zucchero dell’omeopatia per es. – sono molto attraenti. Sarebbe fantastico curarsi con la pranoterapia, con i fluidi magnetici, piacerebbe anche a me se funzionassero. Io credo che ci sia qualcosa nell’educazione, nelle esperienze, nelle amicizie che hanno influenzato al punto questo modo di pensare che poi è molto difficile farlo cambiare. 

C’è chi punta il dito contro l’analfabetismo funzionale, purtroppo molto diffuso in Italia, lei è d’accordo? È colpa solo dell’ignoranza o c’è dell’altro?
Non è solo questione di istruzione. Ci sono persone istruite che credono ai fenomeni paranormali o all’esistenza di medicine “magiche”. Certamente ci sono delle storie personali dietro, ma manca anche una informazione corretta. Io dico sempre che a scuola si insegnano le scienze ma non si insegna la scienza. Cioè non si insegna il metodo scientifico che è la base per capire gli eventi. E non si insegna neanche l’etica della scienza. Neppure all’università. Se non si interiorizza questo metodo molto semplice, le cose non cambieranno: quando tu affermi qualcosa la devi provare. E poi c’è la questione del controllo.

Vale a dire?
L’osservazione sotto controllo di un fenomeno dà sempre esiti negativi. Il Cicap ha ideato un gadget molto efficace. Una specie di lancetta montata su un cartoncino tondo che indica da zero a cento. In sostanza dice che quando il controllo, cioè la verifica, è inesistente il numero dei fenomeni “validi” tende a cento. Quando il controllo è 100, i risultati scientifici tendono allo zero. Questo vale soprattutto per fenomeni come telepatia, chiaroveggenza, psicocinesi. Ma il controllo vale per tutto, anche per i farmaci. Se non c’è l’evidenza, cioè non si ottiene un risultato efficace ripetuto e controllato, questo non ha valore. O per lo meno non è accettato dalla comunità scientifica. E questa accettazione almeno fino a oggi per le medicine miracolose non c’è mai stata.

 

L’intervista di Federico Tulli a Piero Angela è stata pubblicata su Left del 14 settembre 2018


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Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).