Sei anni fa l'esplosione di un serbatoio provocò due vittime. Anche allora, la prima reazione fu l’annuncio dell’apertura di indagini. Oggi ci ritroviamo di fronte allo stesso dolore, alle stesse dinamiche, allo stesso fallimento collettivo

Sei anni fa, nel 2018, Lorenzo Mazzoni, 25 anni, e Nunzio Viola, 53 anni, persero la vita nell’esplosione di un serbatoio all’interno del deposito costiero Neri di Livorno. Una tragedia che sconvolse le famiglie, i colleghi, l’intera comunità, lasciando ferite profonde e domande senza risposta.

Come accade troppo spesso, quelle morti divennero macabro inchiostro per scrivere volantini e comunicati. Parole che chiedevano “più sicurezza” e “basta morti sul lavoro”.

Frasi che si ripetono con un registro ormai logoro, un tono che suona sempre uguale, ma che non riesce a fermare questa strage silenziosa. Anche allora, la prima reazione fu l’annuncio dell’apertura di indagini: “Stiamo lavorando per individuare le falle nella sicurezza e i responsabili”. Parole che abbiamo ascoltato ancora, troppo spesso, dopo ogni incidente sul lavoro. Ma a distanza di sei anni, cosa è davvero cambiato? Oggi ci ritroviamo di fronte allo stesso dolore, alle stesse dinamiche, allo stesso fallimento collettivo.

Lorenzo e Nunzio non dovevano morire, e come loro non avrebbero dovuto morire le centinaia di lavoratori che ogni anno perdono la vita sul posto di lavoro. Serve più di un’indagine. Serve più di una frase ad effetto. Serve un cambiamento culturale e strutturale, che metta al centro la sicurezza come diritto inalienabile e non come opzione negoziabile.

Perché ogni vita conta, e non si può più accettare che chi va a lavorare rischi di non tornare a casa. Ricordare Lorenzo e Nunzio, e tutti i caduti sul lavoro, significa agire.

Significa pretendere controlli rigorosi, formazione adeguata, investimenti concreti e un sistema normativo che non lasci scampo alla superficialità. Fino a quel momento, saremo tutti corresponsabili di queste tragedie. La sicurezza sul lavoro non è una richiesta straordinaria, è la base di una società civile. E finché non sarà garantita, continueremo a scrivere comunicati, a contare i morti e a vivere il dolore. Intanto siamo ancora in attesa dell’esito di quelle indagini.

L’autore: Stefano Santini è segretario generale Filctem Cgil Livorno