Un’alternativa di civiltà fondata sul paradigma “libertà, democrazia, giustizia sociale”. È l’obiettivo che ha perseguito per tutta la vita l’esponente socialista, partigiano e leader del Partito d’Azione. A 40 anni dalla scomparsa, vale la pena riscoprire il suo pensiero
Sono passati quarant’anni dalla scomparsa di Riccardo Lombardi avvenuta a Roma il 18 settembre 1984; era nato a Regalbuto, in provincia di Enna, il 16 agosto 1901. Lombardi è stato una figura di primo piano della politica italiana, dall’impegno nella lotta al fascismo, alla vicenda del socialismo italiano - passando per il Partito d’Azione di cui fu uno dei leader di maggior livello - e la sua figura, il suo pensiero, ci consegnano una riflessione ampia su una questione centrale dei nostri tempi: sul socialismo e sul fatto che la crisi mondiale ne rilanci la necessità senza, peraltro, che se ne prenda atto così come la realtà ci dice si dovrebbe. Nel nostro Paese, poi, la questione dovrebbe essere più che altrove all’ordine del giorno vista la svolta a destra del quadro politico; di una destra che “discende per li rami” direttamente dal fascismo repubblichino di Salò. Riflettere su Lombardi significa farlo avendo presente l’assenza di una sinistra organizzata. Chi sostiene non esservi oggi lo spazio per un soggetto simile mentisce sapendo di mentire, poiché in politica lo spazio si conquista non regalandolo nessuno. Lo si conquista mettendosi seriamente in gioco come movimento di popolo portando una visione precisa del mondo e di cosa si vuole cambiare, di chi si vuole rappresentare; in nome di quali idee, del futuro concreto che si propone; insomma, di un “pensiero compiuto”. In un’epoca in cui lo stesso “pensiero” è anch’esso in crisi, non è facile, ma non esiste un’altra strada. Alla metà degli anni Trenta il liberalismo entrò in crisi; oggi registriamo la crisi della democrazia le cui ragioni risiedono in quelle stesse della politica tout court poiché, quando essa cessa di essere la regola dei sistemi liberi, essi divengono subalterni al mercato senza regole e al capitalismo finanziario con la conseguenza che il meccanismo di relazione si rompe e le quotazioni borsistiche prevalgono sulle scelte politiche condizionandole pesantemente. La progressiva frammentazione sociale riaccende i nazionalismi, si smarrisce il senso stesso della convivenza tra i popoli e si riaffacciano prepotenti i nazionalismi e le ambizioni imperialistiche.

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