Io mi rifiuto di continuare a parlare di uno che fino a qualche giorno fa urlava “chi non salta clandestino è”. Anche perché, dolorosamente, mi ricorda un altro che su un palco simile ma di diversa parte politica, alla fine di una campagna elettorale impegnativa, urlava con la stessa leggerezza “chi non salta bianconero è”. Senza voler fare nessun paragone (di “gravità”) penso però che non ne valga più la pena.
Se facciamo il riassunto dell’ennesima settimana in Italia passiamo dall’incubo/rituale delle primarie in Campania alla piazza fascista di Salvini. Con al centro, la richiesta di 44 deputati della nostra Repubblica (molti del Pd) al nostro premier, di agevolare fiscalmente l’accesso alle scuole paritarie (in larga maggioranza cattoliche). Il quadro non è roseo, anzi il quadro non ha colori. È tutto uguale. Perché tutto deve essere uguale.
Personalmente non colgo alcun trasformismo, non avevo mai creduto nella forza innovatrice né di Renzi né, più in generale, di questa ondata cattodem, deformazione del vecchio e caro cattocomunismo. L’irriducibile contraddizione di “chi pensa di trasformare il mondo” con “chi crede che il mondo ce l’abbia regalato qualcuno che vive lassù”, non è sanabile e produce mostri. Lo scriveva l’antropologa Amalia Signorelli qualche tempo fa, se si ha l’idea di una verità rivelata (o di un mondo creato e regalato) non si trasformerà mai nulla, né il mondo né gli esseri umani che lo popolano.
E allora va bene tutto. Va bene che scuole pubbliche e private abbiano gli stessi diritti, va bene che Salvini e i 44 deputati (molti Pd, lo ripeto) citino insieme sia Gramsci che don Milani, va bene che a vincere delle primarie Pd ci sia un indagato, va bene che in tv qualcuno possa urlare a una donna sinti che “è la feccia della società”, va bene continuare a ingoiare punizioni e promozioni da quest’Europa. E va bene anche che Matteo Renzi renda felici Alfano e Sacconi agitando lo specchietto di un governo di centrosinistra. Io non colgo nessun trasformismo, sono tutti esattamente quelli che sono. Quindi, fatte le dovute precisazioni, direi che è meglio accantonare il peggio. E migrare altrove. Anche lontano.
Lunedì scorso Saverio Tommasi ha salutato Pepe Mujica, oramai ex presidente dell’Uruguay, e ha scritto così: «Un giorno, caro Presidente, ho sentito dire che le belle persone come lei non nascono più. Io non ci credo. Io credo invece che nascano di continuo e che ogni bambino sia come lei. E mi creda, questo è il più bel complimento che mi viene in mente. Arrivederci». Voglio dire a Saverio Tommasi che anche a me sembra il più bel complimento che possa venire in mente.
Luigi Pirandello ne I Giganti della montagna diceva: «È il libero avvento di ogni nascita necessaria. Al più al più noi agevoliamo con qualche mezzo la nascita». La nascita è necessaria. E di continuo nascono belle persone e Pepe Mujica è come ogni bambino, ha ragione Saverio Tommasi. Non c’è fascista o razzista che tenga. Non c’è prassi politica o cultura cattodem che possa impedirlo. Sta a noi dirlo, andarcene e raccontarvi altro. Debellare il virus e farvi capire che una cattiva politica è figlia di una cattiva cultura, quella che costringe a credere non tanto in Tina (There Is No Alternative) quanto che l’alternativa è semplicissima, essenziale, e non ha bisogno della vostra partecipazione per essere realizzata. È un atteggiamento culturale che inevitabilmente diventa politico. Di prassi politica che esclude i molti. Che ha fastidio dei tanti. Bianchi o neri, diversi o simili. Sono sempre troppi.
Saluto anche io Pepe Mujica e i suoi cinque meravigliosi anni in cui ha, per esempio, triplicato gli investimenti sulla scuola. Perché come ha detto una volta: «Ci hanno educato in un mondo cristiano che diceva che questa è una valle di lacrime, e che solo dopo incontreremo un paradiso. Ma per favore! Il mondo non può essere una valle di lacrime, il paradiso è questo e ognuno se lo deve costruire “socialmente”. L’affermazione biblica “nato senza camicia”, se la prendi alla lettera è un’assurdità. Bisogna vivere per le cose importanti: gli amici, la persona che ami, i figli. Tutto il resto è superfluo. Bisogna tenersi “il tempo” per vivere. Si deve insegnare a vivere la vita appieno, con onestà e facendo “comunità”, circondandosi di persone che lo vogliono veramente». Bello no? I risultati? L’indice di disoccupazione è sceso al 6%; i salari sono in aumento; il Pil è cresciuto del 6%, in meno di dieci anni e il tasso di povertà è diminuito dal 39% al 6%. In Uruguay.
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