La Corte costituzionale ancora non ha deciso se il divieto di accesso alla fecondazione assistita alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche, previsto dalla legge 40 del 2004, sia incostituzionale. È un ritardo legittimo, ma che lascia nell’ansia migliaia di coppie desiderose di avere un bambino non affetto dalla patologia genetica che potrebbero trasmettergli.
Una soluzione più rapida ci sarebbe stata: un intervento immediato de Governo Renzi avrebbe potuto già cancellare gli ultimi divieti della legge 40. Ma non è arrivato. Dopo aver varato la legge sul divorzio breve, il Governo dovrebbe affrettarsi a predisporre una serie di altri provvedimenti sui diritti civili. Potrebbe, tra l’altro, anche cancellare il divieto della legge 40 sull’utilizzo a fini scientifici degli embrioni non idonei per una gravidanza.
La legge 40 prevede all’art. 14 comma 5 che la coppia infertile o sterile possa chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione, all’art. 6 prevede che siano fornite informazioni dettagliate alla coppia in ogni fase del trattamento medico, e all’articolo 13 che possano essere eseguite sull’embrione indagini cliniche diagnostiche. Sembra tutto chiaro, no? Invece no, perché come sappiamo le coppie fertili sono escluse dall’accesso alla fecondazione e non possono chiedere di conoscere lo stato di salute dell’embrione e sono costrette una interruzione volontaria di gravidanza appena si scopre che il feto è malato.
Ma prevenire un aborto non sarebbe meglio che abortire? Per il legislatore, evidentemente, non è così, nonostante la giurisprudenza costituzionale abbia più volte affermato la preminenza della tutela della salute di colei che è già persona rispetto all’embrione. Il legislatore italiano preferisce che sia la Corte Costituzionale ad affermare tale tutela, pur di non entrare in conflitto con chi è contrario a queste tecniche.
Neris e Alberto hanno scoperto di essere portatori di atrofia muscolare spinale, di tipo 1, acuto, con la nascita di Beatrice che muore per soffocamento a sei mesi, dopo una paralisi progressiva. Lottano ancora in tribunale per non trasmettere la patologia ad un figlio e lottano con l’associazione Famiglie Sma affinché si trovino cure per patologie così gravi e chi è malato non sia lasciato solo.
Valentina e Fabrizio, sono anche loro portatori di una patologia genetica: quasi al quarto mese di gravidanza si evidenziano malformazioni nel feto incompatibili con la vita e così si va incontro al primo di quattro aborti.
Armando e Mariacristina sono devastati nel cuore come chi ha capito che, dopo una IVG, o provi con altre gravidanze naturali a rischio o sei costretto ad andare all’estero.
Tutti loro hanno deciso di rivolgersi ai tribunali ed esigere il diritto alla libertà procreativa nel loro Paese. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2012 ha condannato l’Italia proprio per questo divieto perché lede il diritto ad una famiglia e alla scelta in materia terapeutica. Invece qualcuno qui in Italia accusa queste coppie e chi le sostiene di eugenetica, di selezione del bimbo più bello, di voler uccidere il debole embrione. Nulla di più lontano dalla realtà e dal desiderio legittimo di non voler vedere un figlio soffrire o dover subire l’aborto di quell’embrione così ideologicamente difeso.
Cosa aspettarsi? Che il Parlamento e il Governo comincino ad occuparsi di queste questioni, senza lasciare tutto in mano ai giudici, fino ad ora determinanti per il ripristino delle tutele di tanti cittadini e l’accesso alle cure e alla maternità. Ma in attesa di un legislatore diverso, confidiamo nell’intervento dei giudici delle leggi.
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