I quadri che hanno colpito profondamente la sensibilità e la fantasia di Melania Mazzucco che li racconta ne Il museo del mondo (Einaudi), iniziando con Ad Parnassum di Klee per finire con la Presentazione di Maria al tempio di Tintoretto, il telero che le ispirò una decennale ricerca sulla pittrice Marietta, figlia dell’artista veneziano.

Cinquantadue perle di diversa grandezza e luce. Una collana di quadri straordinari, perché eccentrici ed imprevisti nella poetica di un artista, oppure perché rappresentano uno strappo dalla tradizione. O, ancora, perché rimasti incompresi per secoli o perché capaci di dare voce a soggetti che non ce l’hanno mai avuta nella storia ufficiale.

In ogni caso, quadri che hanno colpito profondamente la sensibilità e la fantasia di Melania Mazzucco che li racconta ne Il museo del mondo (Einaudi), iniziando con Ad Parnassum di Klee per finire con la Presentazione di Maria al tempio di Tintoretto, il telero che le ispirò una decennale ricerca sulla pittrice Marietta, figlia dell’artista veneziano.

Appartenenti a culture ed epoche molto diverse fra loro, sono opere che riescono a toccare corde profonde in chi guarda. Sono quadri che “parlano” quelli scelti dalla scrittrice romana che è andata a cercarli in musei, all’estero e in Italia, in città d’arte e in piccoli borghi, per poterli raccontare dal vivo in una serie di articoli apparsi sul quotidiano Repubblica e poi raccolti in questo volume che il 16 maggio al Salone del libro di Torino è diventato lo spunto per un lungo dialogo con il critico e curatore Vincenzo Trione. Fra queste opere troviamo capolavori come La Madonna dei pellegrini di Caravaggio e la Madonna del parto di Piero della Francesca, ma anche tele sottovalutate dalla critica come La morte di Procri di Piero di Cosimo. Pittore coevo di Botticelli, fu stigmatizzato da Vasari come «omo fantastico» e «selvatico» per la sua misantropia e i suoi comportamenti bizzarri.

Melania Mazzucco ne sottolinea invece la generosità nel regalare sorprendenti invenzioni d’immagine a spalliere che poi sparivano nelle stanze private di ricchi mercanti. E ne sottolinea il coraggio nel rappresentare miti pagani giudicati scabrosi nella bigotta Firenze savonaroliana. Ed ecco, a proposito di quadri che rivoluzionano l’iconografia consolidata, Susanna e i vecchioni, topos dell’arte sacra, che Artemisia Gentileschi trasformò in una denuncia del voyeurismo di vecchi guardoni che ricattano una giovane nuda, intimandole il silenzio. Un quadro firmato, nonostante la pittrice avesse nel 1610 solo 17 anni. Il padre Orazio Gentileschi lo usò poi per mostrare il talento della figlia, vittima di uno stupro e oltraggiata perché aveva avuto il coraggio di denunciare. Moltissimi sono gli spunti di ricerca che ci offre la scrittrice in questo libro, lasciamo al lettore il gusto di scoprirli, suggerendo in chiusura anche la sua lettura di Giove ed Io di Correggio (in foto), come inedita e geniale rappresentazione dell’orgasmo femminile.

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