Tsipras ha di nuovo vinto le elezioni. Ma possiamo davvero considerarlo un successo o una vittoria per la sinistra? Tsipras è veramente più forte di prima? Qui l'editoriale di Ilaria Bonaccorsi, direttore di Left

«Chi di scissione ferisce, di elezione perisce e, per usare un tecnicismo, anche ’sto Varoufakis ce lo siamo tolto». Ha detto così Matteo Renzi alla direzione del Pd, commentando l’esito delle elezioni greche. Questa settimana avrei passato il giro volentieri. Ho bisogno di qualche tempo per provare a dirvi meglio della Grecia. Il dato di fatto lo avete letto e straletto. Le elezioni in Grecia le hanno “rivinte” Syriza e Tsipras. L’ex primo ministro, nuovo primo ministro, ha giurato e fatto il suo governo. Fotocopia del vec- chio. Ad eccezione di qualche fuoriuscito. E ai fuoriusciti “perdenti” – ovviamente – va il pensiero del nostro primo ministro. Gente come Lafazanis (ex ministro dell’Energia), Konstantopoulou (ex presidente della Camera) e anche Varoufakis (ex ministro delle Finanze), quello che “ce lo siamo tolto”, sono andati malissimo. Unione popolare non ha superato lo sbarramento del 3% e non avrà nessuna rappresentanza in Parlamento. E Tsipras ha rivinto. Tsipras è bravo perché vince. Gli altri non sono bravi perché perdono. O perderanno (come Corbyn). E invece di ferire, periscono. Ecco il Renzi pensiero.

Purtroppo non ho la “fortuna” di aderire a tanta semplicità agonistica, continuo a ripetere a mia figlia che l’importante è partecipare, anche divertendosi, insieme agli altri. Anzi che l’importante è essere bravi, che poi si vinca o si perda. Che vincere è bello solo se la vittoria è il risultato di un sacco di cose insieme: coraggio, onestà, amore, interesse per gli altri, concentrazione, empatia, generosità, felicità, divertimento, impegno, intelligenza. Un mix raro ma immensamente appagante.

Una cosa che invece non ho mai detto a Sofia – e che temo non le dirò in futuro – è questa storia del «chi di scissione ferisce, di elezione perisce». E non riuscirò a farlo perché contesto il punto di partenza. Chi si separa non lo fa per ferire (rarissime le ecce- zioni?), di solito lo fa perché si sente ferito (tradito nelle intenzioni) o anche, nella migliore delle ipotesi, perché si scopre diverso e non più compatibile con quel pezzo di vita e di esperienza politica (nel nostro caso). E lo fa – molto spesso – consapevole di perdere molto, non tutto, ma molto. Il partito, la maggioranza, la gestione di un qualche potere, la visibilità. Lo fa per ferire? E deve perire per questo?

Sono anni che ripeto a Sofia che “ogni separazione è una nascita”.  Il problema qui – ovviamente – è la nascita. Fare una nascita dopo essersi separati senza voler ferire, né perire.

E per tornare alla Grecia, voglio dirvi che mi ci vorrà un po’ di tempo per capire. Uno dei miei pochi pensieri è andato all’astensionismo. Ne scriviamo da anni, gridiamo di una democrazia malata, di mezzo Paese “neet” che non cerca neanche più la politica. Che sta chiuso in casa. Ecco, è accaduto anche in Grecia. Tsipras ha rivinto con il 35% dei voti della metà dei greci. Poco meno del Pd alle scorse Europee. Di fatto, metà dei greci non ci ha creduto. Si prenderà del tempo, come me, per capire. Alcune cose sono scontate, lo so. Meglio Tsipras di Meimarakis, e non c’è dubbio. Meglio Syriza e Tsipras, tassello del puzzle per “l’altra Europa” che aspetta il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda, e non c’è dubbio. La Grecia non è l’Italia e non c’è dubbio. Syriza non è il Pd e Tsipras non è Renzi, e non c’è alcun dubbio.

 Per esempio, Tsipras non avrebbe mai fatto il Jobs act, ne sono certa. Ma poi qualche dubbio mi viene lo stesso. E mi prendo il tempo per vedere se è solo pessimismo il mio oppure qualcosa scricchiola e i più non lo vedono. Perché Tsipras ora è più forte, lo scrivono tutti. Non si deve guardare le spalle. È vero. Ma per fare cosa? Si può stare a quei patti del memorandum europeo da sinistra? O quei patti non possono corrispondere a nessuna sinistra che lo sia davvero? Io me lo continuo a chiedere. Se lo chiede anche Luca Sappino su questo numero e lo ha chiesto ad alcuni economisti.

Tornerà al tavolo di Bruxelles più forte? Capisco chi gioisce perché vede il futuro in attesa o perché ritiene sia una “rivincita” su chi quel governo di sinistra lo voleva schiacciare, come non riesco più a bia- simare chi scrive che, a questo punto, Tsipras è un buon alleato per la Merkel, perché fa i compiti. Come Renzi, che finalmente lo elogia. Grandi complimenti e compiti a casa assieme. Il ribelle è stato domato e poi incoronato, e i rivoltosi sono traditori, gufi perdenti. E Tsipras è più forte, mi ripetono. Sì, lo so, ma per fare cosa? Perché il problema rimane “la nascita”. Dalla separazione che non vuole ferire e non vuole perire, deve venire fuori una cosa nuova.