Matteo Renzi non è il pollo che sembra in televisione e che Crozza sfotte con grande gusto. Capisce la politica e decide con lestezza. Lunedì 9 maggio ha annunciato che dopo il referendum convocherà il congresso del Pd.

Matteo Renzi non è il pollo che sembra in televisione e che Crozza sfotte con grande gusto. Capisce la politica e decide con lestezza. Lunedì 9 maggio ha annunciato che dopo il referendum convocherà il congresso del Pd. Se dovesse vincere il Sì, ricevuta l’investitura popolare che gli manca, potrebbe delegare a un pretoriano la guida del partito. Se fosse invece sconfitto dai No, dopo la prevedibile manfrina “lascio come DeGaulle”, “No Matteo, la patria ha bisogno di te” vestirebbe la casacca di segretario per portare il Paese ad elezioni anticipate, probabilmente con una legge diversa dall’Italicum, per non lasciare il malloppo, cioè palazzo Chigi, a un Di Maio qualunque. Ci sa fare e nel suo mestiere, la tattica politica, non ha avversari. Se vivessimo in tempi normali, ce lo terremmo a lungo.

Ma non è ordinario il tempo che viviamo. La Terza Via, l’idea che si possa innestare il liberismo turbo capitalista nella vecchia pianta socialdemocratica, fa acqua ovunque. In Austria il cancelliere si dimette dopo che Spo ha preso l’11 per cento, in Germania l’Spd è un’ancella della Merkel, in Francia Valls prende schiaffi da destra (il suo ministro Macron) e da sinistra (Aubry e Monteburg). Persino in Gran Bretagna, nonostante Jeremy Corbyn, i laburisti non riescono più a rappresentare la sinistra che, in Scozia, vota per gli indipendentisti. E in Spagna, Sanchez passa da quasi premier a leader di un Psoe che potrebbe arrivare solo terzo alle elezioni del 26 giugno. D’accordo, Renzi è più bravo, ma la sua ricetta è la stessa: non si può cambiare nulla delle politiche neo liberali, mentre dalla Merkel si possono ottenere solo sconti, qualche bonus, in cambio di obbedienza quando serve.

The Third Way is a dead man walking. Perché non ci sarà in Europa una ripresa come negli anni 60, il ceto medio non riprenderà a spendere e spandere, i nostri figli non si batteranno per un lavoro sicuro magari meglio pagato del nostro. Le abissali disparità di reddito create dal capitalismo finanziario deprimono la domanda, le produzioni avanzate – in questo numero Left parla di robot e intelligenza artificiale – non creano abbastanza lavoro e non distribuiscono tanti soldi come fu con il boom dell’edilizia. La gente spende meno e la deflazione spegne, con la ripresa, il sorriso. Il nostro sonno si popola allora di incubi. Il terrorista, meglio viaggiare di meno. L’immigrato, che mi ruba il lavoro e minaccia la mia sicurezza. Nascono partiti xenofobi, tornano i muri, si evocano politiche protezioniste e tutti costoro definirebbero Tony Blair (o Matteo Renzi) uno stronzetto che fa “cheese” in televisione.

Solo una rivoluzione può salvare l’Europa. Non penso alla presa di un Palazzo d’Inverno, che non c’è, ma a una rivoluzione culturale europea, un rovesciamento del modo di pensare, un ribaltamento degli assiomi su cui l’accordo di Maastricht fondò l’Unione. Insomma, dire ai tedeschi che senza ristrutturare il debito dei Paesi mediterranei – povera Grecia, ancora costretta a pagare – senza un piano del lavoro europeo, una politica fiscale e industriale comune, senza difendere, non solo con la Russia ma anche con Ungheria e Turchia, diritti e libertà. Senza questo minimo imponibile l’Europa è già finita. E se loro tedeschi, i più favorevoli all’Europa -dice un sondaggio di Diamanti- se ne vogliono andare, che vadano, tanto non sanno dove.

Ma tutto questo Renzi non lo fa. Né lo faremo noi di sinistra se non ci liberiamo delle scorie e della falsa coscienza accumulate negli anni: movimentismo, operaismo, elettoralismo, ecologismo piagnone, pacifismo come postura, femminismo alla Clinton. Se non ci libereremo dalla pretesa di essere anziché fare, dalla comoda spocchia con cui proclamiamo una nostra diversità, che spesso è diversa solo dal buon senso e ci rende casta agli occhi dei Millennials. Vasto programma, direte. Ma, provvido, Matteo Renzi ci offre un’occasione: 5 mesi di campagna con il No, senza mescolarsi ma capaci di coinvolgere tutti, destra, sinistra e 5Stelle, in nome della restaurazione di regole buone e democratiche. Che permettano alle idee nuove di divenire una pianta rigogliosa.

Questo editoriale lo trovi su Left n. 20 in edicola da sabato 14 maggio

 

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