Le prime notizie sulla strage nella notte Nizza. Le vittime, il panico, l'incubo del terrorismo

Promenade des anglais è il lungomare elegante di Nizza, il 14 luglio l’anniversario della Grande Rivoluzione, festa della Repubblica in Francia. Giochi pirotecnici, migliaia di niçoises e di turisti si godevano la brezza del mare, la luna e i fuochi. Un camion lungo 15 metri ha travolto le recinzioni e si è lasciato a tutto gas sulla folla.

Dicono i testimoni, che durante la folle corsa dal camion sparavano raffiche di mitra. Si parla di decine di morti , mentre scrivo, all’una della notte, la polizia parla di 73 vittime. L’autista del camion è stato ucciso. Niente si sa dei complici.

Su camion sarebbero state trovate armi e granate. Ed è panico terrorismo. Restate in casa, dicono le autorità. E parte la caccia all’uomo. È un incubo. La nostra vita è così: libera e non difendibile. Le ferite provocate dal terrorismo islamico – perché di questo sembra verosimile che si tratti- sono profonde. Difficili da rimarginare. Perché non hanno colpito agli europei di calcio? Probabilmente perché sarebbe stato più complicato,  per via delle misure di sicurezza, per il gran numero di flic disseminati intorno agli obiettivi sensibili.

Perché hanno scelto il 14 luglio? Perché la rivoluzione del 1789 è un simbolo. Con la rivoluzione parte una mondializzazione che afferma anche i diritti dell’uomo. Proprio in quegli anni nella penisola arabica si chiudeva l’alleanza tra Al Wahhab – fanatico predicatore religioso – e Al Saud – padre della dinastia saudita che voleva comandare e ha comandato sul medio oriente. Il credo comune si configura come una anti mondializzazione che propone il ritorno al medio evo, la distruzione di ogni civiltà, di quella islamica prima delle altre. Questo se – come, ripeto,  è verosimile ma non ancora certo- si è trattato di un attentato terrorista del Daesh.

Bisogna aspettare, conviene aspettare anche a dare un nome all’attentato. D’altra parte anche con il terrorismo è fondamentale restare freddi e lucidi quando si è sotto attacco. Per saper reagire, con efficacia e determinazione, quando il sangue è stato lavato e la vita è ripresa.