L'editoriale di Corradino Mineo è tratto da Left in edicola dal 30 luglio
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[su_divider text=" " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]Un partito intero che per una volta appariva unito, Bernie Sanders e Michelle Obama, Elizabeth Warren e Cory Booker, hanno cercato di cambiare la percezione che l’America ha del suo candidato presidente. Si è aperta così la convention democratica di Philadelphia. Perché – non c’è che fare – il mondo è cambiato durante la lunga corsa delle primarie
Una scia interminabile di sangue – in Oriente, in America e in Europa – sta creando angoscia e diffondendo paura. L’assassinio all’ingrosso diventa banale, la vita umana vale ogni giorno di meno. Libertà e diritti possono sembrare un lusso. E spuntano demagoghi che promettono alla borghesia inglese una anacronistica restaurazione dei fasti imperiali, alla Germania di tornare “uber alles”, agli operai a stelle e strisce dazi sulla delocalizzazione che cancellino la mondializzazione imposta – guarda un po’! – dal sistema finanziario americano.
Soffia un vento di destra. E spiega il silenzio complice intorno al colpo di stato di Erdogan, i sorrisi e le strette di mano al politicante, forse corrotto e certo golpista che aprirà i giochi olimpici in Brasile, l’indifferenza dinanzi ai 3mila migranti annegati nel Mediterraeno.
Michelle Obama ha parlato ai democratici dei figli che oggi scorrazzano nella Casa Bianca, costruita con il lavoro degli schiavi. Donald Trump parla dei messicani come umanoidi, esseri subumani, proprio come quel Candie, interpretato da Leonardo Di Caprio nel film Djiango, manipolava il cranio di un “negro” per dedurne l’inferiorità della razza. Non si può stringere la mano a un Candie e il dottor Schultz non gliela strinse, a costo della sua stessa vita Né si può accogliere Trump alla Casa Bianca.
A Philadelphia Bernie Sanders ha presentato la sua agenda – salario minimo, college gratuito, assistenza sanitaria per tutti – come se fosse quella della candidata democratica. E la platea lo ha applaudito, forse vergognandosi di quella Debbie Wasserman Schultz che si è dimessa da presidente del partito dopo che Wikileaks ha svelato le sue mail e le sue trame per screditare il senatore del Vermont e fargli perdere le primarie. Scrive Michael Moore che i millennials di Sanders, i liberal e le giovani lavoratrici precarie che lo hanno sostenuto con passione e con rabbia, alla fine voteranno Clinton il 7 novembre, ma il loro sarà “un voto depresso”, “Significa – spiega Moore – che l’elettore non porta con sé a votare altre 5 persone. Non svolge attività di volontariato nel mese precedente alle elezioni. Non parla in toni entusiastici quando gli/le chiedono perché voterà per Hillary. Un elettore depresso”. Come depresso – ne sappiamo qualcosa – era l’elettore italiano di sinistra dopo un anno di governo Monti, dopo che era stato inserito in Costituzione il pareggio di bilancio e che si erano riformate le pensioni scotennando gli “esodati”.
Michael Moore teme che Trump vincerà a novembre. Noi speriamo che abbia torto. Certo vediamo bene come la leadership dei partiti democratici e socialisti appaia oggi superata dalla storia. Racconta cose che la gente non capisce, si ostina a girare la testa verso il passato, promette una ripresa salvifica che non verrà, si affida a una gestione tecnocratica che deprime la partecipazione e non ferma la corruzione.
Un’altra sinistra è possibile solo se si avrà il coraggio di indicare con chiarezza la rotta. Walter Tocci, da dentro il Pd, invita con chiarezza a votare No al referendum costituzionale. Un piccololo segnale positivo.
L’editoriale di Corradino Mineo è tratto da Left in edicola dal 30 luglio