Con l'acqua che gli arrivava al petto, il fotografo ungherese Balthazar Korab raccolse testimonianze fortissime, senza bisogno di parole. Dal 27 ottobre in mostra alla Tethys Gallery di Firenze

L’acqua arrivò a cinque metri di altezza in piazza Santa Croce quel venerdì 4 Novembre 1966, quando l’Arno esondò travolgendo Firenze. Immediatamente cominciò una corsa contro il tempo per mettere in salvo le opere d’arte della chiesa. Accorsero migliaia di giovani volontari da tutto il mondo, gli Angeli del fango, e fu grazie al loro intervento che il patrimonio storico artistico della città fu in gran parte salvato.
Una importante mostra di fotografie scattate in quei giorni dal maestro ungherese Balthazar Korab  (1926-2013) apre il 27 ottobre alla Tethys gallery (in via dei Vellutini, 17) a Firenze per ricordare quelle terribili giornate che videro tanti fiorentini sfollati e senza mezzi eppure disposti a impegnarsi con tutte le energie per salvare il patrimonio artistico della Basilica di Santa Croce, gli affreschi di Giotto e la Crocifissione di Cimabue, che ancora oggi purtroppo è per l’ottanta per cento perduta. Ma anche i capolavori conservati agli Uffizi, i reperti del Museo di Storia della Scienza i libri della Biblioteca Nazionale centrale.

Lo sguardo d Korab, fotografo noto per raffinati scatti in bianco e nero dedicati all’architettura, coglie con grande umanità la disperazione e il coraggio di quei momenti  sui volti di tanti cittadini e di volontari arrivati da ogni parte d’Italia. In un contesto di bellezze architettoniche rinascimentali che paiono naufragare e sparire nelle acque davanti ai nostri occhi.

balthazar korab, piazza Duomo, Firenze novembre 1966
balthazar korab, piazza Duomo, Firenze novembre 1966

Quell’autunno del 1966 Korab era in Italia, aveva deciso di prendersi un anno sabbatico e, con la moglie e i figli era da poco arrivato a Settignano, sulle colline fiorentine. Per caso si trovò ad assistere al dramma dell’alluvione che sconvolse Firenze. Le sue immagini, realizzate con una Hasselblad medio-formato e cinque rullini fotografici camminando con l’acqua che gli arrivava al petto, oggi lo raccontano più di un libro di storia. Le testimonianze  vivissime che seppe raccogliere ci arrivano oggi fortissime, senza bisogno di parole.  La mostra I giorni dell’Alluvione, curata da John Comazzi e da Christian Korab, che si potrà vedere fino al 25 novembre propone  16 immagini, oggi di proprietà, come tutto l’archivio Korab, della Biblioteca del Congresso, divisione stampe e fotografie ed è stata realizzata in collaborazione con l’Università del Minnesota. Korab, infatti, era scappato poco più che ventenne dall’Ungheria occupata dai sovietici. Rifugiato a Parigi proseguì gli studi di architettura all’École des Beaux-Arts.

Nel 1955 decise di  trasferirsi negli Stati Uniti, facendone la base e il punto di partenza per tanti viaggi in giro per il mondo durante i quali ha raccontato progetti architettonici di Mies Van Der Roe e Frank Loyd Wrigth, di Le Courbousier, Richard Meier e soprattutto di Eero Saarinen, designer e architetto finladese, che lo aiutò ad aprire una strada nell’ambito della fotografia di architetture. Dalla fine degli anni Cinquanta i suoi eleganti lavori in bianco e mero  furono pubblicati in libri e riviste come la rivista Life che documentò l’alluvione di Firenze attraverso i suoi scatti sviluppati a Roma e diffusi dall’Associeted Press.

Poi National Geographic gli commissionò un servizio sul recupero delle opere d’arte e dei libri rari Korab allora si impegnò anche personalmente nel salvataggio delle lastre fotografiche e diapositive conservate nei più importanti archivi della città.  Si inventò rastrelliere in bambù per fare asciugare 50mila lastre nelle sale di Villa I Tatti dove temporaneamente risiedeva.

 Korab, ragazzo in strada, 4 novembre, 1966
Korab, ragazzo in strada, 4 novembre, 1966

Borab, ponte Santa Trinita, Firemze
Borab, ponte Santa Trinita, Firemze