Un paio d’anni possono bastare. La litigiosa coalizione tripartitica si è spaccata: 63 parlamentari hanno sfiduciato Taavi Rõivas e il suo governo. Taavi Roivas, 37 anni, era il più giovane primo ministro dell’Unione europea. Troppe differenze tra il partito riformatore di centrodestra del premier e i suoi alleati: i socialdemocratici di sinistra di Sven Mikser e i conservatori nazionalisti di Unione della Patria e Res Publica. Al centro della discordia: tasse e politiche economiche. E l’accusa di avere provocato la stagnazione economica. Le campagne estoni si spopolano, il sistema sanitario nazionale e quello scolastico non sono stati riformati. Troppo giovane eppure manca di energia, ha una laurea in marketing ma manca di nuove idee nuove per rispondere ai problemi del Paese, accusano gli ormai ex alleati.
«Non capitolerò in silenzio», aveva detto Rõivas alla vigilia del voto di fiducia. Da un po’ gli alleati chiedevano le sue dimissioni, ma il giovane Taavi ha resistito e loro lo hanno sfiduciato: 63 voti contrari, 28 a favore e 10 si sono astenuti. Insomma, dei 101 parlamentari Taavi non ha potuto contare nemmeno sui “suoi” 30. La presidente estone, Kersti Kaljulaid, ha dato il via alle consultazioni con i sei partiti presenti in parlamento. Socialdemocratici e conservatori, intanto, hanno già annunciato che prenderanno subito a dialogare con Partito di centro per una nuova coalizione di governo.
Il Partito di centro è il partito di riferimento della minoranza etnica russa in Estonia e, ovviamente, è appoggiato dal governo russo. Il nuovo premier estone sarà con buone probabilità il 38enne Jüri Ratas, da pochi giorni alla guida del partito (al posto del vecchio Edgar Savisaar, 66 anni, troppo legato alla Russia). E il giovane Ratas ha già messo le mani avanti: l’Estonia continuerà a essere saldamente parte della Nato e dell’Unione europea (dove, nel secondo semestre del 2017, assumerà la presidenza di turno). E l’Estonia sarà anche il più piccolo dei Paesi baltici ma è il confine tra la Nato e la Russia di Putin. Confine geografico e, a questo punto, anche politico.
Qualcosa su Eesti Vabariik. Dei tre Stati baltici (con Lituania e Lettonia), l’Estonia è quello più a Sud e le sue pianure si estendono per circa 45mila chilometri. Commercio e turismo sono le principali fonti per l’economia che esporta soprattutto in Svezia e Finlandia e importa principalmente dalla Germania. Piccole dimensioni e grande spirito nazionalista, sarà perché l’Estonia (come anche gli altri due Stati baltici) è stata dominata per secoli: dagli svedesi prima e dai russi poi. Per duecento anni, e fino al 1917, è parte dell’Impero Russo. Poi, tra occupazioni tedesche e indipendenze strappate e perse, dal 1940 torna a far parte della “Grande madre Russia”, questa volta sotto forma di Unione Sovietica, fino al 1991 (eccetto i tre anni di occupazione nazista,dal 1941 al 1944). Da allora è una Repubblica parlamentare indipendente, dal 2004 è membro della Nato e dell’Unione europea. Nel 2011 è il 17esimo membro dell’Eurozona, uno dei Paesi con il più basso debito pubblico. Nel parlamento europeo l’Estonia conta sei deputati: 3 nei democratici e liberali, uno per i popolari, uno per i socialisti e democratici e uno per i verdi europei. Nel 2015, l’Estonia ha contribuito al bilancio dell’Ue con 0,185 miliardi (0,92%) e l’Ue ha speso in Estonia 0,443 miliardi (2,21%). Siede anche alla Nato, all’Ocse ed è firmatario del protocollo di Kyoto.
Alti livelli di “sviluppo umano”, istruzione, libertà di stampa, libertà politica ed economica, assicurano le Nazioni Unite. L’e-Stonia (soprannome conquistato sul campo) è uno dei primi Paesi al mondo per innovazione, diffusione e utilizzo delle nuove tecnologie: più di 1.140 punti wi-fi. Il popolo estone, oggi, è composto soprattutto da cittadini estoni (84,14%). Le due principali minoranze sono i cittadini russi (russi, ucraini, bielorussi che insieme contano il 7,03%) e gli “slavi ex sovietici”, dal 1991 senza alcuna cittadinanza ma residenti in Estonia (7,26%). Gli “slavi” non raggiungono nemmeno il 15 %, eppure, governeranno il Paese. E Putin è lì, dietro la porta.