Governabilità: il mantra dei sostenitori del Sì e la maggiore fonte di dubbio per gli indecisi in vista del voto di domenica 4 dicembre. È indispensabile un cambiamento così profondo della Costituzione per raggiungere quest’obiettivo? Ne abbiamo parlato con Gaetano Azzariti, docente di Diritto costituzionale alla Sapienza di Roma e autore per Laterza di Contro il revisionismo costituzionale: il libro incita a ricostruire, non abbandonare o disattendere la Carta, come invece chiedono soggetti “interessati” del calibro di J.P. Morgan o della Bce.
Professor Azzariti, garantire la governabilità attraverso la riforma della Carta fondamentale non è un obiettivo sensato?
C’è una confusione culturale: la Costituzione non deve garantire la governabilità, deve limitare i sovrani. Quindi esattamente il contrario: organizza i diritti e i poteri e pone in essere i pesi e i contrappesi del sistema politico. A garantire la stabilità sono le leggi elettorali. Infatti, da 22 anni almeno, siamo alla disperata ricerca della stabilità cambiando una legge elettorale dopo l’altra. Il risultato atteso non è stato raggiunto e ora si rilancia affidando alla Costituzione un ruolo improprio: anziché organizzare il potere si cerca attraverso essa una stabilità per il governo.
E perché questo rappresenta un problema?
Perché questa riforma è caratterizzata dalla verticalizzazione e concentrazione di potere nelle mani di un solo organo, il governo.
Non garantisce l’equilibrio tra poteri?
La nostra forma di governo parlamentare perde il suo equilibrio. Si fa esattamente il contrario di quello che il buon riformatore, anche costituzionale, in Italia dovrebbe fare. Oggi la forma di governo è squilibrata perché il Parlamento è in crisi e non fa nulla, converte soltanto decreti legge ed è “servente” del governo. La riforma rafforza questo processo degenerativo.
Ma non è importate “sapere subito chi governa”?
Si è forzato molto con l’Italiacum. Si usa una frase della cui portata evidentemente non ci si rende conto appieno: “Sapremo chi governa il giorno stesso delle elezioni”. Si continua a cercare di dare una corazza al governo. Dovremmo chiederci piuttosto come mai dopo tanti sforzi maggioritari non abbiamo reso più stabili i governi. Si scoprirebbe quello che sappiamo tutti: che l’instabilità è dettata non dalla crisi della Costituzione ma dalla crisi della rappresentanza politica.
Come se ne esce allora?
Parafrasando lo slogan di Matteo Renzi, bisognerebbe veramente invertire la rotta, dare più spazio alla rappresentanza politica, al Parlamento, alla partecipazione… Sono contrario a questa riforma perché credo che prosegua quello che chiamo il lungo regresso. Ecco, le ragioni del No si sostanziano nel cercare di interrompere questo lungo regresso e invertire la rotta. Il No è la condizione minima per riaprire la dinamica politica.
Ma di fronte alla critica per cui la riforma soffoca il dissenso, dentro la maggioranza e sul territorio, perché non dovrebbe essere altrettanto rilevante il fatto che stabilisce il principio dei costi standard, che la siringa abbia finalmente lo stesso prezzo in Lombardia e in Calabria?
La siringa in questa fase ha preso il posto della casalinga di Voghera. Battute a parte, questa riforma è stata fatta per coprire l’incapacità della politica di rispondere all’esigenza sociale della tutela dei diritti. Se l’obiettivo è far pagare la siringa allo stesso prezzo evitando sprechi, non c’è bisogno di modificare la Costituzione, basta applicare le norme in vigore.
L’articolo continua Left in edicola dal 3 dicembre