«In base a questo schema superficiale, esisterebbero una sinistra di trasformazione che rifiuta di governare, e una sinistra di governo che rifiuta di trasformare. Ma dopo cinque anni di sinistra, in Francia, che cosa resta di diverso e di migliore rispetto a un quinquennio di destra?... da troppo tempo sembra proibito pensare a soluzioni nuove. Quel che mi interessa di Corbyn, di Tsipras, di Sanders o anche del mio successo, è la mobilitazione dei giovani attivi. Il realismo non può essere la scusa per rinunciare. Perché allora non si è realisti, si è rassegnati». Così rispondeva qualche giorno fa Benoît Hamon al giornalista del Corriere che lo accusava di essere un “utopista senza cultura di governo”. Una volta ancora (non posso dire una volta per tutte, perché la strada è lunga e lo so...) voglio dirvi che non ci stancheremo mai, noi di Left, anche se spesso siamo stanchissimi, di ribellarci a quello che Hamon chiama “schema superficiale”. Come non ci stancheremo mai, anche se spesso siamo stanchissimi, di rifiutare quel “realismo che realismo non è, è rassegnazione”. Una rassegnazione - mascherata da realismo - che ogni volta tenta di paralizzare. Il pensiero prima. Poi tutto il resto.

Domenica sera a Parigi, nel quartier generale del socialista Hamon, si è “ballato” alla vittoria inaspettata con due canzoni. La prima diceva: «Guarda il nostro mondo sta morendo, non ho più tempo da perdere, non pensare che possa crederti ancora. Non mi hai mai detto una parola, non mi ha mai mandato una lettera, non credere che io possa dimenticarlo...» (Prayer in C, di Lilly Wood & The Prick). Colonna sonora della sua campagna elettorale; ascoltatela, è bellissima (ve la proponiamo qui). E la seconda è storica. Quasi un simbolo. E dice: «Non c’è niente che tu faccia che non possa essere fatto, niente che tu conosca che non possa essere conosciuto... L’unica cosa di cui hai bisogno è amore...» (All you need is love, dei Beatles). Non c’è neanche bisogno di riascoltarla, è lì nella nostra testa...

Immagino già la reazione dei benpensanti, quelli che ti dicono un attimo dopo aver guardato il tuo volto sollevato per una volta, “tanto non vince” e inneggiano ad “alleanze per governare”, perché loro la politica la conoscono. Ecco a voi, noi di Left vi regaliamo la risposta di Juliette, 25 anni: «Ci hanno riempito la testa con il pragmatismo. Con l’importanza di governare e di fare compromessi al centro. Bene possiamo dirlo finalmente che quel tipo di politica ha fallito?». Possiamo dirlo, sì. E sempre a voi, se direte che ha vinto l’utopia sulla realtà, vi regaliamo la risposta dei sostenitori di Hamon: «La realtà è che la sinistra deve fare la sinistra».

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L'editoriale è tratto dal numero di Left in edicola dal 4 febbraio

 

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«In base a questo schema superficiale, esisterebbero una sinistra di trasformazione che rifiuta di governare, e una sinistra di governo che rifiuta di trasformare. Ma dopo cinque anni di sinistra, in Francia, che cosa resta di diverso e di migliore rispetto a un quinquennio di destra?… da troppo tempo sembra proibito pensare a soluzioni nuove. Quel che mi interessa di Corbyn, di Tsipras, di Sanders o anche del mio successo, è la mobilitazione dei giovani attivi. Il realismo non può essere la scusa per rinunciare. Perché allora non si è realisti, si è rassegnati». Così rispondeva qualche giorno fa Benoît Hamon al giornalista del Corriere che lo accusava di essere un “utopista senza cultura di governo”. Una volta ancora (non posso dire una volta per tutte, perché la strada è lunga e lo so…) voglio dirvi che non ci stancheremo mai, noi di Left, anche se spesso siamo stanchissimi, di ribellarci a quello che Hamon chiama “schema superficiale”. Come non ci stancheremo mai, anche se spesso siamo stanchissimi, di rifiutare quel “realismo che realismo non è, è rassegnazione”. Una rassegnazione – mascherata da realismo – che ogni volta tenta di paralizzare. Il pensiero prima. Poi tutto il resto.

Domenica sera a Parigi, nel quartier generale del socialista Hamon, si è “ballato” alla vittoria inaspettata con due canzoni. La prima diceva: «Guarda il nostro mondo sta morendo, non ho più tempo da perdere, non pensare che possa crederti ancora. Non mi hai mai detto una parola, non mi ha mai mandato una lettera, non credere che io possa dimenticarlo…» (Prayer in C, di Lilly Wood & The Prick). Colonna sonora della sua campagna elettorale; ascoltatela, è bellissima (ve la proponiamo qui). E la seconda è storica. Quasi un simbolo. E dice: «Non c’è niente che tu faccia che non possa essere fatto, niente che tu conosca che non possa essere conosciuto… L’unica cosa di cui hai bisogno è amore…» (All you need is love, dei Beatles). Non c’è neanche bisogno di riascoltarla, è lì nella nostra testa…

Immagino già la reazione dei benpensanti, quelli che ti dicono un attimo dopo aver guardato il tuo volto sollevato per una volta, “tanto non vince” e inneggiano ad “alleanze per governare”, perché loro la politica la conoscono. Ecco a voi, noi di Left vi regaliamo la risposta di Juliette, 25 anni: «Ci hanno riempito la testa con il pragmatismo. Con l’importanza di governare e di fare compromessi al centro. Bene possiamo dirlo finalmente che quel tipo di politica ha fallito?». Possiamo dirlo, sì. E sempre a voi, se direte che ha vinto l’utopia sulla realtà, vi regaliamo la risposta dei sostenitori di Hamon: «La realtà è che la sinistra deve fare la sinistra».

L’editoriale è tratto dal numero di Left in edicola dal 4 febbraio

 

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