Le ordinanze contro chi dà da mangiare ai migranti e i decreti che introducono il Daspo urbano e puniscono la marginalità senza intaccarne le cause. «È in atto una grande operazione di intimidazione, e di criminalizzazione» dice nell'intervista a Left Alessandra Ballerini, avvocata dei diritti umani (tra gli altri, in questi mesi è stata al fianco della famiglia di Giulio Regeni), che si trova sempre più spesso a prendere le difese di attivisti denunciati per aver aiutato i migranti. A volte gli viene contestato il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, altre le violazione di ordinanze che in nome dell’ordine, del decoro e della sicurezza sanitaria vietano la somministrazione di cibo e bevande ai profughi. Altre ancora – è il caso delle navi delle associazioni umanitarie – l'accusa è di fare da taxi per gli scafisti. Le forme sono diverse ma, spiega l'avvocata Ballerini - di fatto assistiamo alla nascita di una sorta di “reato di solidarietà”. Nonostante «l’articolo 2 della nostra Costituzione imponga il dovere della solidarietà, qui si punisce chi aiuta gli altri con cibo e acqua», protesta. Su Left in edicola sabato 1 aprile abbiamo raccolto le storie di tanti “criminali solidali”, che sfidano la legalità in nome di ciò che è giusto, «Certo che lo rifarei. Mi è stato insegnato che le persone che soffrono vanno aiutate, senza chieder loro la carta di identità», ci ha detto Félix, 28enne francese, condannato a 1.215 giorni di prigione e 50mila euro di multa per aver portato soccorso a una famiglia del Darfur incontrata a Ventimiglia. E non è il solo ad aver rischiato in prima persona. A lanciare il grido di preoccupazione sulla “stretta securitaria” di Minniti e Orlando sono anche alcuni sindaci "ribelli", con in testa Luigi De Magistris che annuncia il “Daspo al contrario” per portare la bellezza nei luoghi del degrado e la disobbedienza alle norme che gli impongono di penalizzare i più fragili. La pensa allo stesso modo il sindaco del "modello Riace" Mimmo Lucano, che dice a Left: «Non credo che noi sindaci dobbiamo avere il potere di decidere della vita delle persone fino a questo punto, mi fermo volentieri al dovere e al piacere di aprire le porte a chi è in difficoltà»   [su_divider text="In edicola " style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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Le ordinanze contro chi dà da mangiare ai migranti e i decreti che introducono il Daspo urbano e puniscono la marginalità senza intaccarne le cause. «È in atto una grande operazione di intimidazione, e di criminalizzazione» dice nell’intervista a Left Alessandra Ballerini, avvocata dei diritti umani (tra gli altri, in questi mesi è stata al fianco della famiglia di Giulio Regeni), che si trova sempre più spesso a prendere le difese di attivisti denunciati per aver aiutato i migranti.

A volte gli viene contestato il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, altre le violazione di ordinanze che in nome dell’ordine, del decoro e della sicurezza sanitaria vietano la somministrazione di cibo e bevande ai profughi. Altre ancora – è il caso delle navi delle associazioni umanitarie – l’accusa è di fare da taxi per gli scafisti. Le forme sono diverse ma, spiega l’avvocata Ballerini – di fatto assistiamo alla nascita di una sorta di “reato di solidarietà”. Nonostante «l’articolo 2 della nostra Costituzione imponga il dovere della solidarietà, qui si punisce chi aiuta gli altri con cibo e acqua», protesta.

Su Left in edicola sabato 1 aprile abbiamo raccolto le storie di tanti “criminali solidali”, che sfidano la legalità in nome di ciò che è giusto, «Certo che lo rifarei. Mi è stato insegnato che le persone che soffrono vanno aiutate, senza chieder loro la carta di identità», ci ha detto Félix, 28enne francese, condannato a 1.215 giorni di prigione e 50mila euro di multa per aver portato soccorso a una famiglia del Darfur incontrata a Ventimiglia. E non è il solo ad aver rischiato in prima persona.

A lanciare il grido di preoccupazione sulla “stretta securitaria” di Minniti e Orlando sono anche alcuni sindaci “ribelli”, con in testa Luigi De Magistris che annuncia il “Daspo al contrario” per portare la bellezza nei luoghi del degrado e la disobbedienza alle norme che gli impongono di penalizzare i più fragili. La pensa allo stesso modo il sindaco del “modello Riace” Mimmo Lucano, che dice a Left: «Non credo che noi sindaci dobbiamo avere il potere di decidere della vita delle persone fino a questo punto, mi fermo volentieri al dovere e al piacere di aprire le porte a chi è in difficoltà»

 

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