Il 9 e 10 aprile l’Italia presiede il G7 Energia di Roma puntando tutto su sicurezza energetica, sostenibilità economica e crescita. Al tema del surriscaldamento globale, che negli Usa deve fare i conti con il rigurgito negazionista che anima le politiche e i tagli di Trump, è dedicato un generico riferimento che fa da sfondo a scelte politiche ancora troppo legate alle fonti fossili, gas in testa (ma a carbone e petrolio ancora non si dice un no secco). Eppure le consapevolezza sui danni del climate change e sull’inadeguatezza delle scelte attualmente in campo per raggiungere gli obiettivi fissati al vertice sul clima di Parigi del dicembre 2015 è ormai diffusa.
Siamo “con l’acqua alla gola” – come titola Left la copertina di questo punto da diversi punti di vista. Intanto quello letterale: il Mediterraneo si è innalzato di circa 30 cm negli ultimi mille anni rispetto ad un aumento più che triplo previsto nei prossimi 100 anni (dall’Ipcc dell’Onu). In Italia, ci dice la nostra Enea, 33 aree rischiano di finire sommerse dalla costa tra Trieste e Ravenna (con un innalzamnto da 90 a 140 cm) alle pianure della Versilia, di Fiumicino, del Pontino, del Sele e del Volturno, fino a Catania, Cagliari e Oristano.
Siamo con l’acqua alla gola anche quando abbiamo a che fare con gli eventi climatici estremi, quelli delle ultime settimane in Colombia e in Perù e quelli – mai così frequenti, ricorda il servizio di Martino Mazzonis – degli ultimi anni nel Nord America e non solo.
La colpa è dei cosiddetti gas serra, che le attività umane hanno fatto aumentare come mai prima. In 250 anni siamo passati da 280 parti per milione (ppm) di anidride carbonica in atmosfera alle oltre 405 attualmente rilevate dalla Nasa e dalla Noaa. E 25 anni fa eravamo ancora a 356 ppm, il 14% in meno. Mai, i carotaggi nel ghiaccio antartico, c’era stata una così alta concentrazione di CO2 da un milione di anni (ma gli scienziati ci dicono che probabilmente non avveniva da 20 milioni di anni).
Su Left in edicola proviamo a raccontare cosa accade al Pianeta, ma soprattutto che cosa si sta facendo (ancora poco) e si potrebbe fare per invertire la rotta. Vi raccontiamo perché la Strategia energetica in arrivo – e in particolare il documento che il ministro dello Sviluppo economica Calenda presenterà al G7 Energia di Roma – sono ancora molto timidi, ancorati al rispetto degli obiettivi fissati dall’Ue, e non imprimono un’accelerata alla transizione energetica in corso. Di questa transizione diamo conto con un approfondimento di Pietro Greco sulle dinamiche globali delle ecoenergie, che vedono la Cina a fare la parte del leone, e attraverso un dialogo di Michela Ag Iaccarino con Bill McKibben, uno dei più influenti ambientalisti degli Usa, tra queli che hanno fermato la Keystone Pipeline prima che Trump la resuscitasse e che ora prova a fermare la lobby del carbone e del petrolio. Perché siamo con l’acqua alla gola, ma se si lavora davvero per fermarla il pericolo sventato potrebbe addirittura diventare un’opporunità.
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