A sette anni dal precedente album Latinista il trombettista e cantautore siciliano parla del disco che uscirà il 29 settembre. Con Daniele Silvestri ad arricchire lo speziato sound del progetto Aretuska

In Salento, dove ha scelto di vivere, Roy Paci coltiva un orto di 5mila metri quadri, alternando il lavoro della terra allo studio dello strumento, che “coltiva” da 35 anni: la tromba. Chiacchieriamo del Sud, del suo essere spesso in viaggio per il mondo, della gente che incontra e di quella di cui si innamora. Mentre ci offre qualche anticipazione del prossimo album, Valelapena, che uscirà il 29 settembre, il settimo con il variegato gruppo con cui suona da 20 anni, gli Aretuska, quelli della trascinante “Toda Joia Toda Beleza”. «L’idea nacque, ammetto, un po’ per gioco, per suonare nella mia Sicilia. Adesso non ci sono solo i miei amici “conterronei”, ma musicisti non solo italiani. Non è cambiata la voglia di suonare, sperimentare e divertirci. Il progetto Aretuska lo immagino come il lievito madre: se uno lo sa tenere fresco, lo può far durare anche 50 anni». L’album è anticipato dal singolo “Tira”, scritto dall’amico Daniele Silvestri, con un video dal taglio cinematografico, diretto da Cosimo Alemà, ambientato nello spazio dell’ex Mira Lanza, il complesso industriale romano che chiuse alla fine degli anni Cinquanta. Oggi è un museo a cielo aperto dove ora campeggiano opere dell’artista francese Seth. Paci, Alemà e Antonelli hanno scritto un testo per presentare il nuovo lavoro, che nasce da un miscuglio di persone, idee, stimoli e colori così come è la musica di Paci & Aretuska, che non si lascia imbrigliare in un unico genere. Tra i pomodori da raccogliere, la terra da annaffiare e una tromba che attende di essere suonata, intanto Paci & Co. girano l’Italia (il 16 agosto, in particolare sarà a Trepuzzi, nel leccese, per Bande al Sud): «Per gli afecionados e per chi non lo è, per dare segnali di vita dopo questi anni passati in tour, frammentati dalle registrazioni in studio, fuori dal circuito», racconta Rosario, in arte Roy.
Hai presentato il nuovo brano parlando dell’importanza della collettività, come somma di menti e talenti diversi. Così le idee diventano sempre più chiare e prendono forma. Un incontro che diventa ricchezza nella vita e nella musica?
Il senso di condivisione caratterizza la mia vita sul palco e non. Fin dall’inizio, l’ho considerato come casa mia, senza pareti che dividono, come uno spazio da condividere. Immagino di invitare gente, di far entrare le persone, chiunque siano: conosciuti o meno. Amo confrontarmi col pubblico.
Il regista del video, che ha scelto l’ex Mira Lanza come set, racconta che era il luogo ideale per la tua musica, frutto di un’urgenza, di un percorso, dell’alchimia di passioni di molte persone. Nel video ci sono due persone antagoniste, che provano a cercare un confronto, che poi è un po’ il senso di quello spazio riadattato.
Non lo conoscevo e sono rimasto colpito da quello che ho trovato lì, da come è stata ideato: una fondazione di folli (ride), un’originalità assoluta. Una realtà sorprendente, realizzata da italiani in collaborazione con i rom: sono nuclei di persone con la voglia di uscire fuori dall’occhio di bue. Il singolo “Tira” è stato scritto da Silvestri. Avrai altre collaborazioni?
Sì, collaborazioni con persone non necessariamente conosciute, che incontro nel mondo, che trovo per qualche motivo geniali. Mi innamoro del talento del musicista, ma anche della parte umana perché condividiamo non solo il palco, ma il dopo concerto, il cibo insieme.
Un’anticipazione?
Restando in tema, sarà un menù vario, con tutti gli ingredienti ricercati nel tempo. Dall’ultimo album ne è passato assai, ho avuto la possibilità di far sì che i musicisti andassero alla ricerca, ciascuno per la propria strada, di qualcosa che li sorprendesse per poi portarlo in studio. Ho fatto lo chef, spero con saggezza. Questa bella ricetta è stata cucinata da un produttore come Dani Castelar. A lui ho chiesto che questo disco non suonasse come in passato; volevo, cercavo un produttore che non si occupasse del mio genere, che poi io neanche so che genere faccio, anzi mi dà fastidio quando mi etichettano. Quella degli Aretuska è una mistura.
Tu parli di condivisione, Alemà incita a non arrendersi mai, Antonelli mostra con lo spazio ex Mira Lanza che dalle rovine, si può ripartire. In questo momento, invece, in Italia c’è molta chiusura, si parla di impedire l’accesso agli immigrati. Dove stiamo andando?
Ho una visione completamente diversa da quello che è in questo momento esprime la politica del nostro Paese. Le frontiere che abbiamo sono effimere. Sento di appartenere al mio territorio, alla Sicilia, alle tradizioni, ma non ho mai pensato che l’Italia avesse dei confini: è un pensiero che mi fa ribrezzo. La mia compagna lavora per una Ong e a me è capitato, a Lampedusa, in Sicilia, di vedere da vicino gli sbarchi. Invece di portare i bambini a Disneyland, dovrebbero portarli agli sbarchi per fargli incontrare ragazzini come loro, dovremmo vedere cosa provano. Capiremmo che siamo tutti esseri umani.