«C’è una grande fetta di società civile, in Italia e in Europa, che è ben ferma sulle proprie posizioni di accoglienza rispetto ai migranti e di denuncia rispetto a quello che succede, che è all’opera ogni giorno. È quella che sta manifestando in Svizzera contro il governo, o che in Austria si è opposta all’“avanzata nera”, interna ai popolari prima e nel partito “neonazista” poi». Sono parole salde e speranzose quelle di Fulvio Vassallo Paleologo: avvocato, componente del Collegio del Dottorato in "Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti" presso l’Università di Palermo, firma nota ai lettori di Left, e fra i fondatori di Adif, l’Associazione diritti e frontiere. Una realtà che ogni giorno lavora per documentare ciò che succede a chi, quelle frontiere, tenta di varcarle. E che parteciperà, insieme ad una lunga lista di associazioni, comitati, centri sociali, sindacati, alla manifestazione del 21 ottobre a Roma “Giustizia e uguaglianza contro il razzismo” #Nonèreato. Perché avete scelto di aderire alla manifestazione? Innanzitutto per reagire alla campagna d’odio nei confronti dei migranti e di chi li assiste, come le ong che sono state attaccate per le loro attività di soccorso in mare. Ma si veda anche l’attacco vergognoso subito dalla Federazione delle chiese evangeliche da parte del quotidiano La Stampa, che la accusava di speculare su un “business di milioni di euro legato” nell'ambito del loro progetto di corridoio umanitario Restore Hope (i titolari del progetto hanno risposto qui alle accuse, e poi anche il quotidiano torinese ha tentato di rimediare dando spazio agli accusati ndr). C’è il tentativo di criminalizzare - insomma - chiunque si opponga alle politiche razziste dei governi europei, e spesso questo tentativo passa attraverso campagne di stampa. Già. Ma quanto ancora i media riescono ad essere indipendenti e a "raccontare le frontiere"? Beh, siamo giunti al punto in cui persino la Federazione nazionale della stampa, mediante la denuncia di un gruppo di giornalisti, è arrivata a sottolineare come alcuni operatori dell'informazione siano costretti ad autocensurarsi quando si parla di migrazioni, in quanto paraddosalmente queste notizie interessano più ai media stranieri che a quelli italiani, o come sempre più spesso manchi da parte degli agenti istituzionali - Governo, prefetture, polizia - la volontà di fornire qualunque tipo di informazione rispetto a ciò che succede in questo ambito. Cos’è che non viene raccontato dai media, insomma? Si va dall’annullamento mediatico dei rimpatri collettivi, compiuto mediante voli che vengono effettuati dall’Italia anche verso paesi “a rischio” come la Nigeria, sino alla sistematica cancellazione di tutte le notizie che riguardano Libia e Mediterraneo centrale. Comprese le stragi che ci sono state negli ultimi giorni, come quella avvenuta al largo delle isole Kerkennah (in Tunisia, di fronte alle coste di Sfax ndr), e una altra vicina alle coste libiche, con decine e decine di vittime a mare. Senza che la stampa italiana abbia dato adeguato spazio a queste notizie, che farebbero comprendere quale è il “costo umano” delle politiche italiane ed europee. Perchè questo silenzio. Cosa si vuole nascondere? Penso che il silenzio sia derivi dalla necessità di coprire un fallimento della politica migratoria italiana, che non ha raggiunto nessuno dei risultati che si prefiggeva. Inoltre, cosa ancora più grave - col processo di Khartoum prima (un accordo siglato il 28 novembre 2014 a Roma, tra stati Ue, Paesi del Corno d’Africa e Paesi “di transito” per il controllo dei flussi migratori ndr) e con la conferenza europea di Malta del 3 febbraio poi - tali politiche hanno fornito la “base di lancio” per le destre europee per un ulteriore chiusura su questioni come il diritto di asilo e la distribuzione dei richiedenti asilo fra i vari Paesi europei, questioni che bisognava affrontare non in chiave securitaria, ma in una chiave di accoglienza e di equa distribuzione dei suoi oneri. Cosa che non si è realizzata. Di fronte a questo quadro desolante, qual è la risposta della vostra associazione? Continueremo a documentare tutti gli attacchi nei confronti delle ong, cercando di rafforzare i "vincoli di solidarietà", coi migranti innanzitutto, dando loro il protagonismo che meritano, e con chi lavora nell’ambito della accoglienza - e non di chi lavora speculandoci, c’è una differenza notevole che spesso sfugge - per difendere persone come Mimmo Lucano (sindaco di Riace, ndr) dagli attacchi anche giudiziari che sta subendo e che provano a criminalizzare qualunque pratica solidale. Nessuno in questo momento arretra. Al tema dell'antirazzismo abbiamo dedicato la cover story di Left n. 42, NESSUNO È STRANIERO, in edicola da sabato 21 ottobre

«C’è una grande fetta di società civile, in Italia e in Europa, che è ben ferma sulle proprie posizioni di accoglienza rispetto ai migranti e di denuncia rispetto a quello che succede, che è all’opera ogni giorno. È quella che sta manifestando in Svizzera contro il governo, o che in Austria si è opposta all’“avanzata nera”, interna ai popolari prima e nel partito “neonazista” poi». Sono parole salde e speranzose quelle di Fulvio Vassallo Paleologo: avvocato, componente del Collegio del Dottorato in “Diritti umani: evoluzione, tutela, limiti” presso l’Università di Palermo, firma nota ai lettori di Left, e fra i fondatori di Adif, l’Associazione diritti e frontiere. Una realtà che ogni giorno lavora per documentare ciò che succede a chi, quelle frontiere, tenta di varcarle. E che parteciperà, insieme ad una lunga lista di associazioni, comitati, centri sociali, sindacati, alla manifestazione del 21 ottobre a Roma “Giustizia e uguaglianza contro il razzismo” #Nonèreato.

Perché avete scelto di aderire alla manifestazione?
Innanzitutto per reagire alla campagna d’odio nei confronti dei migranti e di chi li assiste, come le ong che sono state attaccate per le loro attività di soccorso in mare. Ma si veda anche l’attacco vergognoso subito dalla Federazione delle chiese evangeliche da parte del quotidiano La Stampa, che la accusava di speculare su un “business di milioni di euro legato” nell’ambito del loro progetto di corridoio umanitario Restore Hope (i titolari del progetto hanno risposto qui alle accuse, e poi anche il quotidiano torinese ha tentato di rimediare dando spazio agli accusati ndr). C’è il tentativo di criminalizzare – insomma – chiunque si opponga alle politiche razziste dei governi europei, e spesso questo tentativo passa attraverso campagne di stampa.

Già. Ma quanto ancora i media riescono ad essere indipendenti e a “raccontare le frontiere”?
Beh, siamo giunti al punto in cui persino la Federazione nazionale della stampa, mediante la denuncia di un gruppo di giornalisti, è arrivata a sottolineare come alcuni operatori dell’informazione siano costretti ad autocensurarsi quando si parla di migrazioni, in quanto paraddosalmente queste notizie interessano più ai media stranieri che a quelli italiani, o come sempre più spesso manchi da parte degli agenti istituzionali – Governo, prefetture, polizia – la volontà di fornire qualunque tipo di informazione rispetto a ciò che succede in questo ambito.

Cos’è che non viene raccontato dai media, insomma?
Si va dall’annullamento mediatico dei rimpatri collettivi, compiuto mediante voli che vengono effettuati dall’Italia anche verso paesi “a rischio” come la Nigeria, sino alla sistematica cancellazione di tutte le notizie che riguardano Libia e Mediterraneo centrale. Comprese le stragi che ci sono state negli ultimi giorni, come quella avvenuta al largo delle isole Kerkennah (in Tunisia, di fronte alle coste di Sfax ndr), e una altra vicina alle coste libiche, con decine e decine di vittime a mare. Senza che la stampa italiana abbia dato adeguato spazio a queste notizie, che farebbero comprendere quale è il “costo umano” delle politiche italiane ed europee.

Perchè questo silenzio. Cosa si vuole nascondere?
Penso che il silenzio sia derivi dalla necessità di coprire un fallimento della politica migratoria italiana, che non ha raggiunto nessuno dei risultati che si prefiggeva. Inoltre, cosa ancora più grave – col processo di Khartoum prima (un accordo siglato il 28 novembre 2014 a Roma, tra stati Ue, Paesi del Corno d’Africa e Paesi “di transito” per il controllo dei flussi migratori ndr) e con la conferenza europea di Malta del 3 febbraio poi – tali politiche hanno fornito la “base di lancio” per le destre europee per un ulteriore chiusura su questioni come il diritto di asilo e la distribuzione dei richiedenti asilo fra i vari Paesi europei, questioni che bisognava affrontare non in chiave securitaria, ma in una chiave di accoglienza e di equa distribuzione dei suoi oneri. Cosa che non si è realizzata.

Di fronte a questo quadro desolante, qual è la risposta della vostra associazione?
Continueremo a documentare tutti gli attacchi nei confronti delle ong, cercando di rafforzare i “vincoli di solidarietà”, coi migranti innanzitutto, dando loro il protagonismo che meritano, e con chi lavora nell’ambito della accoglienza – e non di chi lavora speculandoci, c’è una differenza notevole che spesso sfugge – per difendere persone come Mimmo Lucano (sindaco di Riace, ndr) dagli attacchi anche giudiziari che sta subendo e che provano a criminalizzare qualunque pratica solidale. Nessuno in questo momento arretra.

Al tema dell’antirazzismo abbiamo dedicato la cover story di Left n. 42, NESSUNO È STRANIERO, in edicola da sabato 21 ottobre