I media e certi politici, a partire dal sindaco Nardella, hanno negato che dietro l’omicidio di Idy Diene a Firenze ci fosse il movente xenofobo. Per cui Pirrone sarebbe solo una persona che non sta bene mentalmente e che ha sparato “a caso”. Chi uccide per razzismo sarebbe dunque sano di mente?

Il 5 marzo poco prima delle 12 sul ponte Amerigo Vespucci a Firenze, Roberto Pirrone, pensionato di 65 anni, spara senza apparente motivo a Idy Diene, un signore senegalese di 54 anni, immigrato regolare e venditore ambulante, uccidendolo. Subito gran parte della stampa e dei media si ingegnano a evitare di dare rilevanza al fatto che la vittima fosse di origini senegalesi, e quindi, sottinteso, di pelle nera. I giornali titolano “Spara e uccide passante a Firenze” e “Firenze choc: spara e uccide un passante a caso”. Il 5 marzo 2018 prima delle 12. Sarebbe potuto succedere in un giorno qualsiasi, ma era il giorno dopo le elezioni, si conoscevano già i risultati elettorali, nei quali un partito come la Lega di Salvini ha avuto il 17,37% alla Camera e il 17,6% al Senato. Il 6 marzo un giornalista in radio, nel contesto di in un’intervista al sindaco di Firenze, dice che chi fa il nesso tra le due cose (elezioni-omicidio di un africano) vuole «strumentalizzare la notizia» e Nardella concorda soddisfatto. Forse sindaco e giornalisti non ricordano già più come era stata utilizzata la notizia dell’omicidio di Pamela Mastropietro prima delle elezioni. Giornali e televisioni non facevano che insistere sulla nazionalità nigeriana dei presunti assassini. Dunque, quando lo straniero è colpevole, il dato è essenziale e va evidenziato a tutta voce, quando invece è vittima, si deve trattare di una semplice casualità. Ci sembra chiaro che la strumentalizzazione è messa in atto dai mezzi d’informazione. Tanto che poi, visto che la comunità senegalese di Firenze, legittimamente indignata, scossa e preoccupata, è scesa in piazza, sul Corriere della sera leggiamo “L’ira dei senegalesi”, titolo che avverte della minaccia che incombe… nel corso della manifestazione sono state addirittura rovesciate delle fioriere.

Questa volta certa politica e, complici, i media provano a insabbiare il movente razzista, questa volta conviene nascondere. Idy Diene era parente di uno dei due senegalesi uccisi nel 2011 a Firenze da un militante di Casapound e aveva sposato la sua vedova Rokhaya Kene Mbengue. Nardella, intervistato, respinge categoricamente un nesso tra i due omicidi, infatti la procura della Repubblica ha escluso il movente razzista per cui Pirrone sarebbe semplicemente una persona che non sta bene mentalmente; voleva uccidersi e poi ci avrebbe ripensato, sparando “a caso”. Ci stupisce il pensiero che si potrebbe insinuare: la presenza di una patologia mentale escluderebbe il movente razziale, o viceversa. Un omicidio compiuto da un malato di mente non può avere come movente il razzismo? Chi uccide per razzismo sarebbe dunque sano di mente?

Nel sistema giuridico l’imputabilità è data dalla capacità di intendere e volere al momento del fatto, dunque lo psichiatra deve valutare la capacità del reo di essere lucidamente consapevole di ciò che  stava facendo e perché (movente), e di poter compiere una programmazione mirata e razionale del gesto omicida. Tale criterio però non può essere considerato dirimente per escludere la malattia mentale, né per dimostrare che il reato sia indipendente dalla malattia stessa.

In aggiunta a ciò, è essenziale sottolineare che in ambito psichiatrico vengono usati criteri diagnostici ufficiali (DSM-5) di tipo esclusivamente sintomatologico che spesso non consentono di inquadrare casi limite, in cui sono assenti sintomi evidenti. Lo psichiatra che si trova di fronte un potenziale assassino (anche nel caso dell’autorizzazione al porto d’armi) può avere la sensazione che la persona in questione abbia qualcosa che non va, nello sguardo o nel modo di muoversi e parlare, ma si trova impossibilitato, con gli strumenti attuali, a fare una diagnosi. 

Gianluca Casseri, autore della strage di Firenze del 2011 con chiaro movente razziale, spara a 5 senegalesi uccidendone 2, poi si suicida. Venne descritto dai media come una persona molto riservata che coltivava, insieme ad ideologie negazioniste e neonaziste, interessi mistici, esoterici e magici. Lo psichiatra Pallanti, in un’intervista a un quotidiano online, descrive il profilo di una persona che si mantiene al limite tra una vita “normale e banale” e la follia, che scaturisce improvvisamente e che troppo spesso non si riesce a cogliere in tempo, seppure sono presenti dei segnali riconoscibili ad un professionista. Casseri viene definito un «Breivik italiano» e Pallanti aggiunge che soggetti simili sono spesso attratti da ideologie di destra estrema per «ridotta volontà di ragionare e una tendenza a essere soggetti alla autorità proprie di queste personalità patologiche».

Luca Traini, 28 anni, candidato con la Lega alle elezioni del 2017 per il consiglio comunale di Corridonia (dove si trova la comunità da cui è scappata P. Mastropietro), svastica tatuata in fronte, ha espliciti atteggiamenti estremisti e razzisti, per i quali viene cacciato dalla palestra dove è iscritto. Non riesce a tenersi un lavoro, viene cacciato di casa dalla madre e vive con la nonna. Si reca da uno psichiatra che diagnostica un disturbo borderline di personalità. Mentre è in macchina sente per l’ennesima volta la notizia della morte di Pamela e «d’istinto» fa dietrofront, va a casa e prende le pistole: «Ho deciso di ucciderli tutti». 

Roberto Pirrone, pensionato, taciturno, dicono con qualche fissazione di troppo, giocatore e frequentatore di prostitute, pieno di debiti, pare collezionasse cimeli staliniani, con la passione per le armi, sparava per «arrivare alla perfezione», ha detto a un amico. Esce di casa per suicidarsi, poi «ci ripensa» e spara a un uomo con la pelle nera, ben 6 colpi di pistola di cui l’ultimo alla nuca dopo che l’uomo era già a terra. Dichiara che voleva finire in carcere, per non pesare più sulla famiglia. C’erano altre persone sulla sua strada ma lui ha sparato a Idy, non a caso, come volevano farci credere. Ha scelto un uomo di colore.

Nella descrizione di questi casi l’associazione tra razzismo e malattia mentale è evidente. Tali delitti sono sicuramente a sfondo razzista e legati a patologie mentali (seppur probabilmente diverse). Ma perché ora questo interesse dei giornalisti, del sindaco di Firenze e di una certa cultura a negare tale relazione? Lo chiarisce bene Pallanti parlando di soggetti con personalità patologiche spesso attratti da ideologie di destra estrema. Non possiamo dunque non pensare che un certo tipo di ideologia politica estremista e razzista influenzi personalità fragili incentivando gesti estremi. Dobbiamo riconoscere la grave responsabilità in tali vicende di un certo tipo di “cultura” e dei media che la diffondono senza alcuna riflessione critica sul proprio ruolo. Pirrone compie l’omicidio immediatamente dopo i risultati elettorali; Traini sente per infinite volte ripetere e sottolineare l’origine nigeriana degli assassini di Pamela; non sappiamo molto di Casseri immediatamente prima della strage, ma subito dopo sui forum neonazisti e negazionisti che frequentava assiduamente veniva definito un “eroe”.

Perché il pensiero razzista trova ambiente fertile in queste menti? Esso si basa su premesse antiscientifiche, perché non esistono razze diverse ma una specie umana. Ha le sue fondamenta nel pensiero razionale e stupido che quello che conta negli esseri umani è la realtà materiale, quindi il colore della pelle o degli occhi. La realtà materiale differente determina il cortocircuito, per il quale il nero o giallo, ecc, è considerato un essere inferiore, al pari di un animale che può dunque essere trattato in quanto tale (deriso, ignorato, escluso o ucciso). Invece l’identità umana si fonda su una realtà non materiale, non razionale, non spirituale: la mente umana, che «si sviluppa dopo essere nata spontaneamente dalla realtà biologica alla nascita grazie allo stimolo della luce» (Massimo Fagioli, Left del 16 luglio 2016); il neonato fa sparire la realtà materiale e compare invece la certezza di rapporto con l’altro essere umano. Tutti gli esseri umani hanno questa uguaglianza fondamentale, solo dopo si svilupperanno le differenze tra ognuno (anche quelle culturali), che arricchiscono l’umanità. Allora possiamo ipotizzare che il razzista che non considera questa realtà si rapporta al mondo con una credenza irreale? E quanto dista da questo la malattia mentale?

L’articolo della psichiatra Rossella Carnevali è tratto da Left n.11 del 16 marzo 2018


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