Il governo, già in affanno sulla riforma delle pensioni, vara una limitata Social card e l’assegno di inclusione con strette pesanti sugli occupabili. E continua a ignorare la piaga dei lavoratori sottopagati
In questa estate del 2023 sotto l’ombrellone si affolla una quantità di questioni aperte che riguardano l’universo del lavoro. Nell’afa rovente del momento in cui redigiamo questo articolo (la metà di luglio, nda) tutto è fermo, statico, cristallizzato. La ragione è semplice - nella sua enorme complessità - e porta il nome di Bilancio dello Stato.
Bilancio colpito duramente dal peso dell’indebitamento sul quale gravano anche gli effetti dell’inflazione che, da noi, diminuisce più lentamente, a differenza di quello che succede in altri Paesi. Effetti che hanno già provocato un incremento del suo peso per il lievitare dei tassi di interesse perseguito dalla Bce come discutibile strategia anti-ciclica. Con una conseguente crescita degli interessi sullo stesso debito pubblico. La coperta da stendere nel prossimo autunno è, dunque, molto corta.
Si segnala, perciò, l’insistenza del ministro dell’Economia Giorgetti sul piazzare già prima della pausa estiva dei paletti che riguardano le priorità per la legge Finanziaria.
Intanto, sulla credibilità del Paese e del governo e sulla concreta possibilità di operare, pesano i ritardi nell’attuazione della tabella di marcia del Pnrr. La terza rata, l’erogazione della quale era prevista in marzo, è appena stata sbloccata grazie a una modifica del target sugli alloggi universitari. Bruxelles aveva infatti messo in stand-by la tranche dopo che l’Italia non era riuscita ad assicurare entro la fine del 2022 i 7.500 nuovi posti letto negli studentati. E, intanto, ha ricevuto la revisione di 10 obiettivi per la quarta rata, che non arriverà prima del 2024. Con la Commissione europea sono state condivise 10 modifiche su 27.
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