«Nel mio lavoro non c’è difesa. La Venere degli stracci deve essere un’opera aperta». Dopo l’attacco alla sua opera a Napoli, Michelangelo Pistoletto approfondisce la riflessione sull’arte pubblica e sul ruolo sociale degli artisti
Maestro Michelangelo Pistoletto, l’incendio in piazza del Plebiscito a Napoli della sua Venere degli stracci è stato un femminicidio, lei ha detto in una intervista. La sua Venere è una immagine femminile che vive e si rigenera dal 1967 e nota in tutto il mondo. Come sta vivendo questo momento?
In realtà non è stata una mia espressione: devo alla mia compagna questa considerazione. Quando abbiamo saputo dell’incendio dell’opera ha reagito dicendo: “l’ho sentito come un femminicidio”. Mi ha colpito il suo commento sensibile, mi è parsa molto significativa questa sua intuizione. Concretamente il fuoco è stato appiccato agli stracci. Ma hanno bruciato la Venere insieme ad essi. L’attacco morale di fondo, oltreché estetico, è la Venere che rappresenta la femminilità, che attraversa tutta la storia dell’umanità come emblema di bellezza, di sensibilità, di amore e di venerabilità.
Ha detto di voler incontrare la persona che è accusata di aver incendiato l’opera. Accadrà?
Avevo chiesto di poterlo incontrare quando era stato ipotizzato si trattasse di un clochard. Ma dalle indagini di polizia sembra emergere qualcosa di diverso. A questo punto non voglio intromettermi nel loro lavoro. Non so quali siano state veramente le motivazioni che hanno fatto scattare questo gesto incendiario e mi rendo conto che non posso in un rapporto così, amichevole, arrivare alla verità.
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