Quale è il ruolo dell’urbanistica nell’accendere ed esacerbare conflitti sociali? E quanto invece potrebbe favorire processi sociali di incontro e di coesione? L’esempio delle banlieue parigine è paradigmatico. Ecco perché
Per interpretare le recenti vicende francesi è utile inquadrare le criticità e il ruolo delle città e degli spazi attraversati dalle rivolte e dai disordini seguiti all’uccisione di Nahel Merzouk a Nanterre. Lo spazio urbano non è, infatti, solo uno sfondo inanimato o ininfluente ma un punto di osservazione privilegiato per aiutare a comprendere questi eventi. E, se si volesse, anche per provare a intervenire cercando di indirizzare un qualche cambiamento. Ovviamente non si possono ignorare le cruciali e tutt’altro che inusuali violenze delle forze dell’ordine sospese, non solo Oltralpe, tra senso di impunità e razzismo. Né si possono trascurare le storiche criticità di un modello di assimilazione che non ha mai fatto fino in fondo i conti con il recente passato coloniale (e, quindi, con la presunta superiorità usata per giustificare sopraffazioni e rapine). Tuttavia, questi fatti avvengono in luoghi di segregazione e marginalizzazione - come molte aree periferiche (non solo geograficamente) di tante città del mondo - nei quali il legame tra degrado fisico degli spazi e degli edifici si combina con un contesto economico e sociale deprivato, nella spesso totale assenza di politiche mirate e di interventi pubblici in favore dei cittadini in difficoltà o anche solo “left behind”, lasciati indietro.
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