Conoscenza e ascolto del territorio, attenzione al paesaggio e alle specificità culturali. Così in Italia fioriscono nuove esperienze creative, che non sono calate dall’alto, ma frutto di un intenso rapporto fra artisti e cittadinanza
Il 12 luglio a Napoli, è stata incendiata la monumentale Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, inaugurata a giugno nell’ambito di “Open. Arte in centro”, programma d’arte pubblica sostenuto dal Comune di Napoli e curato dal critico Vincenzo Trione. Ne è scaturito un ampio dibattito. Quale è il destino dell’arte pubblica? Le opere d’arte contemporanea possono vivere fuori dai musei? Intervenendo a Tutta la città ne parla su Radiotre Trione osserva: «Ho visto tantissime persone, famiglie, stranieri che si avvicinavano all’opera, spesso toccavano gli stracci, si fotografavano, ed è un’opera tra le più ripostate sui social che io abbia visto, pare quasi concepita per il web». Un dato interessante che emerge è che l’arte pubblica ha il merito di riposizionare il lavoro dell’artista nella realtà, fuori dai musei e dalle gallerie, in uno spazio in cui il confronto con il pubblico diventa obbligato. Di norma invece, nel circuito dell’arte contemporanea che si svolge prevalentemente negli spazi privati delle gallerie, la fruizione delle mostre rimane confinata agli addetti ai lavori. L’indifferenza del pubblico, distante e poco presente agli eventi che animano l’arte contemporanea, non sembra mettere in crisi un sistema dell’arte che archivia il problema appellandosi all’ignoranza e all’incompetenza. Ma la realtà forse è più complessa e varrebbe la pena approfondire la questione. Questo articolo è riservato agli abbonati
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