In un Paese con 3 milioni di lavoratori poveri con paghe da fame e scarse tutele, la proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo a 9 euro si è scontrata con il veto della destra. Intanto la Cassazione con sentenze innovative ha ristabilito i principi del salario minimo costituzionale
Negli ultimi mesi si è parlato molto del salario minimo che in Italia è stato argomento tabù per molto tempo, nonostante gli allarmi lanciati via via negli anni sul degrado progressivo delle condizioni dei lavoratori, richiamando la necessità di una misura che è presente in quasi tutta Europa. Il dibattito è stato soprattutto politico, dopo la presentazione a luglio della proposta di legge delle opposizioni sul salario minimo a 9 euro e la successiva bocciatura a settembre dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) a cui si era rivolto il governo Meloni per trarsi d’impaccio di fronte a una discussione in Parlamento che avrebbe messo in cattiva luce chi si proclama come “destra sociale”, attenta al “popolo”. Mentre la politica ribolliva, si è levata un’altra voce, quella del diritto, in difesa del “salario minimo costituzionale”. E le sentenze della Cassazione del 2 ottobre stanno già facendo giurisprudenza nei tribunali. Intanto, una premessa. In Italia ci sono 3 milioni di lavoratori poveri che percepiscono un salario inferiore ai 9 euro. La stima è del rapporto Svimez di luglio che si basa sugli ultimi dati Istat disponibili: un milione sono al Sud e due al Centro nord, il 17,2% dei lavoratori dipendenti (esclusa la Pubblica amministrazione). A ciò si aggiunge l’aumento vertiginoso dell’inflazione che ha tolto potere d’acquisto ai già magri salari, insufficienti a garantire quella «esistenza libera e dignitosa», diritto sancito dall’articolo 36 della Costituzione. Questa la fotografia di un mondo del lavoro frammentato tra contratti a termine prolungati per anni, part time involontari, esternalizzazioni e subappalti. Turismo, servizi, lavoro domestico e agricolo i settori più fragili (con paghe anche di 5 euro all’ora).

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Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.