Quella che ci ha lasciato Gino Strada è una grande lezione di realismo, dice Simonetta Gola di Emergency. Non esistono guerre lampo e le conseguenze le pagano i civili, anche sul lungo periodo
Il 7 ottobre 2001 iniziò l’invasione Usa in Afghanistan. «Quel giorno capii di non essere un pacifista ma di essere contro la guerra», ha scritto Gino Strada in Una persona alla volta, uscito postumo. Un libro più attuale che mai, che tratteggia aspetti cardine della personalità e del lavoro del fondatore di Emergency: l’interesse per l’umano, l’amore per la scienza, per la medicina in particolare (proprio in quanto rapporto fra esseri umani), l’ateismo, la passione civile, la lotta per i diritti umani, l’idea che la guerra non sia un destino ineluttabile e che non si possa umanizzare (neanche tramite codici ad hoc) ma vada eradicata come un cancro...
Rileggendo oggi questo prezioso volume edito da Feltrinelli colpisce anche una coincidenza di date. L’attacco dei terroristi di Hamas ai giovani israeliani durante un pacifico rave è avvenuto il 7 ottobre. Quella agghiacciante strage, è stato detto, è l’11 settembre di Israele. L’invasione Usa dell’Afghanistan fu lanciata contro i terroristi, ma a pagarne il prezzo è stata la popolazione civile come bene sanno i medici di Emergency che operano a Kabul e in altre zone del Paese. Oggi l’assedio e l’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano per debellare Hamas vuol dire una immane strage di civili palestinesi, intrappolati in quel fazzoletto di terra. Perché nessun attore internazionale è intervenuto per spezzare questa catena di violenza? Un quesito che rivolgiamo a Simonetta Gola, dal 2012 a capo della comunicazione di Emergency, compagna di vita di Gino Strada e curatrice del suo ultimo libro.
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