Nel suo nuovo libro per la collana Fact checking di Laterza la storica Chiara Colombini racconta la Resistenza ricostruendo i sentimenti, le emozioni, i pensieri delle donne e degli uomini che la animarono
Quando nel 1991 Claudio Pavone dà alle stampe quello che diverrà un testo di riferimento obbligato negli studi sulla Resistenza (Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza, Bollati Boringhieri) la guerra partigiana è stata sin lì raccontata dagli storici richiamandone per lo più gli aspetti politici o militari. Pavone concentra, invece, la sua riflessione sul significato e la natura della violenza, sulle motivazioni e le aspettative dei partigiani, portando al centro dell’indagine gli individui con le loro soggettività. Trent’anni dopo è Chiara Colombini, con il suo ultimo saggio, Storia passionale della guerra partigiana (Laterza), a interrogarsi sui sentimenti dei combattenti, a riflettere sulle loro passioni perché, come scrive, «la dimensione umana e soggettiva dei protagonisti è rimasta a lungo in ombra».
Bisogna ripercorrere quei venti mesi tralasciando le memorie scritte dopo, alla fine della guerra, inevitabilmente filtrate e condizionate dagli avvenimenti successivi. Ecco perché Colombini sceglie di concentrare la sua attenzione sulle voci di allora, quelle riportate in diari e carteggi coevi, scritti mentre la guerra è ancora in corso. Bisogna immergersi in quel clima per registrare con fedeltà i molteplici umori di chi combatte, esplorare una miniera inesauribile di vicende umane che, anche ottanta anni dopo, non smette di affascinarci. L’autrice restituisce la quotidianità di persone in carne e ossa, che si interrogano e soffrono, tra certezze granitiche e pervasivi dubbi, che si lasciano andare allo sconforto o all’entusiasmo.
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