Come sta la principale potenza finanziaria del mondo? Il reddito pro capite si mantiene più alto rispetto all’Europa e il Paese cresce dal punto di vista demografico. Ma la produzione industriale si è indebolita ed è per questo che Biden ha varato politiche difensive e di sussidi. Anche in vista del voto
I sondaggi di Gallup e del Pew Research Center mostrano che la maggior parte degli americani pensa che il proprio Paese sia in declino. Un punto di vista largamente condiviso dai due probabili contendenti alla presidenza nel novembre 2024, Joe Biden e Donald Trump. Nel 2016, la campagna di Trump era basata su una visione impregnata di sventura e tristezza: l’economia americana era in uno «stato triste»; gli Stati Uniti erano stati «mancati di rispetto, derisi e derubati» all’estero e il mondo era «un disastro totale». Nel suo discorso inaugurale parlò di «carneficina americana» e i suoi due slogan erano America first! e Make America great again (Maga). La sua attuale campagna ha ripreso questi temi fondamentali. Tre mesi prima di dichiarare la sua candidatura, Trump ha pubblicato un video intitolato Una nazione in declino, e i trumpiani del Partito repubblicano sono ritornati all’isolazionismo che caratterizzò il partito negli anni Trenta. La campagna presidenziale del 2020 di Joe Biden è stata molto tradizionale. Ha spesso esaltato le virtù degli Stati Uniti e recitato la frase familiare: «I nostri giorni migliori devono ancora venire». Eppure, gran parte della sua strategia di governo si è basata sull’idea che il Paese avesse seguito la strada sbagliata, anche sotto presidenti democratici come l’amministrazione Obama-Biden. In un discorso dell’aprile 2023, il consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha criticato «gran parte della politica economica internazionale degli ultimi decenni», incolpando globalizzazione e liberalizzazione per aver svuotato la base industriale del Paese, esportato posti di lavoro e indebolito alcune industrie chiave, consentendo alla Cina di diventare il maggiore esportatore e il secondo importatore del mondo (con quasi il 20% del Pil globale), nonché il principale partner commerciale di 130 Paesi, a cominciare da tutti gli altri principali Paesi dell’Asia orientale, compresi gli alleati degli Usa. Sullivan ha sostenuto che «sebbene gli Stati Uniti rimangano la potenza preminente del mondo, alcuni dei suoi muscoli più vitali si sono atrofizzati». Questa è una critica familiare all’era neoliberista, in cui pochi hanno prosperato mentre molti sono rimasti indietro.

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