La libertà di circolazione riconosciuta agli ucraini dovrebbe essere estesa anche a chi viene dal Sud del mondo, dice il sociologo, autore di "Stato di assedio, come la paura dei rifugiati ci sta rendendo peggiori”
L'emigrazione è un fattore evolutivo fin dai tempi di Homo sapiens (come scrivono Pievani e Calzolaio in Libertà di migrare, Einaudi). Si migra non solo per bisogno, ma anche per desiderio di incontro, di conoscenza, per ricerca. Sono molteplici i motivi che spingono a emigrare. Ma la narrazione che se ne fa è sempre è solo come pericolo, problema sociale ecc. Con i suoi libri il sociologo Maurizio Ambrosini ha lavorato alla decostruzione di questi stereotipi. Siamo tornati ora a chiedergli di aiutarci a leggere il presente, mentre l’Europa e l’Italia governata dalle destre alzano nuovi muri ed esternalizzano le frontiere negando i diritti umani.
Nel libro Stato d’assedio, come la paura dei rifugiati ci sta rendendo peggiori (Egea) lei scrive che troppo spesso gli immigrati, quando non apertamente respinti sono visti con la lente del pregiudizio e vittimizzati. In questo modo si nega la loro possibilità di iniziativa, la loro capacità di creare e realizzare progetti. Professsor Ambrosini così si inchiodano le persone a una posizione passiva?
È ciò che accade con le attuali politiche di accoglienza dei rifugiati. Il collo di bottiglia attraverso cui passa l’accoglienza è la vittimizzazione, portata alle estreme conseguenze. Pensiamo per esempio agli accordi di Dublino che obbligano i migranti a rimanere nel primo Paese di arrivo: si nega alle persone il potere di scegliere, si nega che possano avere delle aspirazioni, contatti, conoscenze in altri Paesi. Perché contrastare la loro percezione giusta che ci siano luoghi dove potrebbero avere maggiori opportunità? La stessa redistribuzione in questo non convince come strategia. Che senso ha mandare in Romania dei rifugiati che arrivano dal Senegal e obbligarli a stare lì? Al primo momento utile cercheranno di andare in luoghi dove possono avere una vita migliore.
L’Europa, quando vuole, è capace anche di politiche più avanzate, come quelle attuate per i profughi ucraini?
A loro l’Europa ha dato la possibilità di muoversi liberamente con l’applicazione nel 2022 della direttiva del 2001che era sempre rimasta inapplicata. Ciò che notiamo è un doppio standard: 170mila ucraini sono stati giustamente accolti, i 100mila sbarcati dal sud del mondo nel 2022 e i 157mila nel 2023, non hanno avuto la stessa accoglienza.
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