Il primo ministro Sunak è in caduta libera nei sondaggi dopo la débâcle dei Conservatori alle amministrative. Il piano di espulsione dei richiedenti asilo in Rwanda, in violazione delle convenzioni internazionali, si sta ritorcendo contro il governo. E lui a sorpresa indice le elezioni per il 4 luglio
Con buona pace della stabilità del modello Westminster, non solo abbiamo avuto ben tre Primi ministri in una sola legislatura, ma per l’ennesima volta in pochi anni ci troviamo di fronte ad una elezione anticipata. Rishi Sunak, a sorpresa, ha infatti sciolto il Parlamento e indetto elezioni il 4 luglio prossimo. Il potere di “sciogliere le Camere”, infatti, risiede nelle mani del Primo ministro che può in qualunque momento indire elezioni politiche. Si era tentato di porre un freno a questa pratica con un cambiamento costituzionale avvenuto durante il governo di coalizione tra Conservatori e LibDem, fissando finalmente in legge che le elezioni avvenissero ogni cinque anni e imponendo un quorum alto di approvazione della House of Commons per la richiesta di scioglimento della stessa da parte del Primo ministro, ma come promesso Boris Johnson ha abrogato la riforma, riportando tutto il potere in mano al capo del governo. Tecnicamente dunque, senza violare le consuetudini, Rishi Sunak avrebbe potuto aspettare sino a febbraio 2025. Il Primo ministro conservatore ha invece deciso di intraprendere questa strada del tutto inaspettata perché naviga in pessime acque, i sondaggi lo danno in caduta libera, dato confermato dalle elezioni amministrative del 2 maggio scorso che sono state il peggior risultato per i Tories alle amministrative degli ultimi quarant’anni. Ad un certo punto sembrava addirittura che stesse montando una fronda interna per tentare di disarcionarlo per via del terribile risultato elettorale, ma poi nelle fila del partito è prevalsa l’idea di attendere quello che sarà uno dei peggiori risultati della storia secolare dei Tories per poter avviare la successione dopo le elezioni politiche. Sunak non sembra trovare il bandolo della matassa per ridurre la fuga dal suo partito da parte dell’elettorato e anche gli strenui tentativi di dimostrarsi durissimo contro l’emigrazione sembrano non dare alcun effetto se non spostare sempre più a destra il proprio partito e il suo dibattito interno. Le forzature legali per attuare il famoso “Rwanda scheme” il piano di deportazione in Africa dei richiedenti asilo non sta dando frutti elettorali, non sta risolvendo minimamente il tema degli sbarchi, sta costando una fortuna e sta causando continui imbarazzi al governo, ripetutamente sconfitto nelle aule di tribunale nazionali e internazionali e con una aperta rivolta del Civil Service che si rifiuta di collaborare all’attuazione del piano in assenza di garanzie (che non ci sono) che non violi le convenzioni internazionali. E infatti è stato confermato che prima delle elezioni di luglio, neanche un volo decollerà verso l’Africa (per fortuna aggiungiamo noi).

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