Con un misero 33 per cento il Labour, guidato dall’avvocato che ha preso il posto di Jeremy Corbyn, è al governo in Gran Bretagna. Saprà fare riforme di sinistra che gli portino maggior consenso? Intanto, da indipendente, l’ex segretario ha fatto incetta di voti ed è stato rieletto
Volendo applicare alle elezioni britanniche il famoso adagio della luna e del dito, potremmo dire che fermarsi a contare solo il numero di seggi vinti dal Labour sarebbe guardare il dito, mentre ci sono una serie di trend “nascosti” nei risultati che hanno una portata molto grande, a parere di scrive, chiaramente. Da tutte le analisi dei flussi elettorali, infatti, si evince che il Paese ha votato compattamente per impedire ai Tories di tornare al governo dopo quattordici anni al potere che hanno portato ad una situazione economica e sociale disastrosa. Il mandato politico di Starmer, a partire dal misero 33% ottenuto nel voto popolare, associato alla bassa affluenza (meno 6% rispetto al 2019) appare però estremamente debole, in netto contrasto con la grande maggioranza parlamentare che gli permetterà di operare incontrastato per i prossimi cinque (o quattro) anni.
E proprio questo risultato elettorale ambivalente che ci permette di fare alcuni ragionamenti sull’assioma - a mio modesto parere fallace - per il quale Starmer ha dimostrato che si vince solo “andando al centro”.
Quello che è successo nelle urne ci dimostra al contrario come la necessità di una proposta elettorale più progressista era talmente forte che, nonostante il Labour si trovasse ad affrontare una delle battaglie elettorali più facili della sua storia, il risultato è stato ben lontano dai risultati straordinari del primo Blair, per fare un esempio senza scomodare giganti come Attlee o Wilson, questo proprio perché il Labour non è riuscito a conquistare un forte entusiasmo popolare attorno alla propria proposta politica.
Questa tesi viene anche dimostrata dal risultato straordinario dei LibDem, che hanno fatto una campagna elettorale molto progressista distanziandosi decisamente dalle loro posizioni più moderate del passato e - soprattutto - la grande affermazione dei Verdi, che per la prima volta portano quattro parlamentari alla House of Commons in un sistema elettorale studiato appositamente per espungere piccoli partiti come il loro.
C’è poi il risultato eccezionale di ben cinque candidati indipendenti, tra cui l’ex leader laburista Jeremy Corbyn, che hanno sfidato e sconfitto il Labour su posizioni di sinistra e in particolare mettendo al centro del loro messaggio la pace e un cambiamento di posizione nei confronti del conflitto israelo-palestinese.
In molti collegi “rossi” si è infatti aperta una “questione musulmana”, con l’enorme comunità britannica di cittadini originari delle ex colonie britanniche di religione musulmana che si stanno allontanando dal Labour mettendo in crisi le maggioranze di molti collegi laburisti.
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