Manifestazioni pacifiche con un blocco stradale, resistenza passiva in carcere o nei Cpr, contestazione di grandi opere. Ecco cosa reprime e punisce il nuovo pacchetto “sicurezza” del governo Meloni
Siamo di fronte all’ennesimo “pacchetto sicurezza”? Sì, anche. Ma non solo. C’è qualcosa di più. Se diventerà legge, infatti, questo provvedimento produrrà cambiamenti profondi sull’intero assetto istituzionale e nella stessa vita delle persone, di ciascuno di noi.
Manifestare diventerà un lusso o, meglio, un rischio.
Le manifestazioni, infatti, saranno oggetto di interventi repressivi tali da renderle impossibili o, comunque, da disincentivarle in modo massiccio. Manifestare implica, anzitutto, scendere in piazza. Ebbene, la previsione come reato del blocco stradale «realizzato con la mera interposizione del corpo» e la sua punizione con la reclusione da sei mesi a due anni «quando il fatto è commesso da più persone riunite» (cioè sempre, considerato che un blocco stradale o ferroviario fatto da una sola persona è poco più che un’ipotesi di scuola…) incide direttamente e immediatamente sulla possibilità di scendere in strada. Detto in parole povere, saranno criminalizzati, in caso di manifestazione spontanea e priva di preavviso (ovvero vietata dal questore), anche i dimostranti pacifici che stazionano in gruppo in strada, di fronte ai cancelli di una fabbrica o all’ingresso di una scuola. Sarà cioè punito il semplice assembramento (consentito solo con preavviso e in assenza di indicazioni contrarie dell’autorità di polizia). C’è, sul punto, una cosa che merita segnalare. Il blocco stradale è stato introdotto, con una descrizione onnicomprensiva, nel 1948, ma nel 1999 è stato depenalizzato e trasformato in semplice illecito amministrativo (pur punito con una sanzione pecuniaria non irrisoria). Quasi vent’anni dopo, con il primo decreto Salvini, è iniziato un percorso a ritroso: il blocco stradale è ridiventato reato ma si è previsto che restasse un illecito amministrativo nel caso di ostruzione stradale con la sola presenza fisica. L’attuale disegno di legge riporta alla situazione del 1948, aggravata dall’espressa previsione dell’idoneità ad integrare il reato dell’ostruzione stradale con il solo corpo. Ma non c’è solo la criminalizzazione del blocco stradale, con tutto quel che comporta. Un ulteriore insieme di norme attribuisce alle manifestazioni di piazza in quanto tali una connotazione negativa, prevedendo specifiche aggravanti per i reati di danneggiamento, resistenza o violenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate, se commessi al loro interno (arrivando al paradosso di prevedere una pena fino a vent’anni di reclusione per la resistenza o violenza a pubblico ufficiale commessa «al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica»: sic!). Queste previsioni ribaltano addirittura, in termini di maggior repressione, la disciplina del codice Rocco, il cui articolo 62 n. 3 prevedeva (e prevede, non essendo mai stato abrogato) come attenuante per qualunque tipo di reato «l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto» (pur con il limite che «non si tratti di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’autorità»).
Questo articolo è riservato agli abbonati
Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login