Mentre in Italia si susseguono le celebrazioni per ricordare i 700 anni dalla morte di Marco Polo, è uscito quasi in sordina un saggio che sposta l’attenzione su altri viaggiatori e altri tempi curato da Federica Casalin per i tipi di Orientalia che ricentra la percezione europea delle narrazioni odeporiche con un contributo molto originale dedicato al diplomatico cinese Xue Fucheng. Rappresentante del Celeste Impero in Inghilterra, Francia, Belgio e Italia, come d’uso ai tempi presso la corte Qing, il mandarino nel marzo del 1891 è a Roma ma è costretto dagli eventi ad attendere di essere ricevuto da re Umberto I e consegnargli le proprie credenziali a causa delle due settimane di lutto proclamate dal re per la morte del cognato, il principe Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte. Quello che per Xue Fucheng è inizialmente uno sfortunato contrattempo, si rivela invece un’ottima opportunità per visitare la capitale e descriverla minuziosamente. È così che prende vita il suo diario, che Casalin ci restituisce in un italiano ricco ed elegante accompagnato dal testo originale a fronte. Un diplomatico cinese a Roma non si limita a proporre in traduzione le memorie del soggiorno romano di Xue Fucheng, è infatti arricchito da un denso saggio, che già di per sé varrebbe come una pubblicazione a parte, dove la curatrice ripercorre con l’occhio attento e curioso della storica e della filologa la “genealogia” dei viaggiatori cinesi che scrissero dell’Italia dall’avvio delle relazioni diplomatiche (1866) e la genesi del testo, scaturito dalla necessità pressante della corte Qing di conoscere il più possibile quelle potenze europee che stavano mettendo in ginocchio l’economia e la sicurezza dello Stato dopo le umilianti sconfitte delle guerre dell’oppio. Era stato in quel momento che la corte si era dovuta arrendere alla cruda realtà: per conoscere il mondo bisognava percorrerlo e le opere geografiche gesuite, redatte quasi duecento anni prima, non erano più sufficienti ad affrontare le sfide poste dall’avanzata dell’imperialismo europeo in Estremo Oriente. Prima di Xue Fucheng, i resoconti cinesi sull’Italia si contano sulla punta delle dita. Nel 1720, Luigi Fan Shouyi aveva scritto dei suoi anni italiani in un conciso rapporto per la corte, che però venne pubblicato solo a inizio Novecento dopo essere stato ignorato per oltre cento anni. Dopo di lui, fu Pietro Guo Liancheng a dare alle stampe una Breve relazione sul viaggio in Italia (1863). Anche in questo caso, l’opera rimase circoscritta alla comunità cattolica dello Hubei, sua provincia natale, senza quasi che nessuno se ne accorgesse. A partire dal 1866, una serie di diplomatici e viaggiatori si susseguirono sul territorio italiano, alcuni dei quali non lasciarono che poche annotazioni sull’Italia, considerata una mèta secondaria, perché strategicamente meno importante di altre potenze europee. Molti di questi viaggiatori, com’è comprensibile, visitarono Roma e questo offre lo spunto a Casalin di compiere un’interessante operazione. La curatrice mette insieme estratti di alcuni di questi diari, concentrandosi sulle diverse osservazioni e descrizioni della basilica di San Pietro. Roma è infatti soprattutto il centro della cristianità per i viaggiatori cinesi di fine Ottocento. Nonostante il nome di Xue Fucheng, al contrario di quello di Marco Polo o di altri viaggiatori europei, sia sconosciuto ai più, il suo diario romano vanta incredibilmente un’altra traduzione italiana risalente al 1902 curata da Eugenio Zanoni Volpicelli, di cui la curatrice tiene conto nel testo.
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