La Difesa e lo Stato maggiore stanno plasmando un esercito che non è quello indicato dalla Costituzione. Del resto la maggioranza si sente in guerra e sta delineando una economia di guerra. E la guerra comporta lo Stato di eccezione, cioè la sospensione dello Stato di diritto
Credo sia una sottovalutazione non aver prestato sufficiente attenzione, da parte della intellettualità democratica e delle forze di opposizione parlamentare, all’intervista del 12 dicembre a Repubblica del generale Carmine Masiello, da sei mesi nuovo capo di Stato maggiore. Le sue autorevoli parole, infatti, sono il segno di un vero e proprio “salto di paradigma”, di una discontinuità costituzionale. Masiello ci dice che l’esercito italiano sta effettuando un addestramento tale da diventare forza dinamica di pronto intervento; «bisogna produrre», dice, una «rivoluzione militare» perché «cambiano gli scenari mondiali; scenari complessi richiedono flessibilità per misurarsi con l’imprevisto; bisogna saper rischiare; uscire dalla comfort zone». E inoltre, come scenario geopolitico: «Occorre reagire alla situazione in Ucraina e prepararsi all’Africa», che sarà lo spazio per la dura contesa tra le grandi potenze. Masiello conclude: «L’esercito è stato a lungo ipofinanziato»; ora occorrono tanti droni, anche territoriali e tanti nuovi sistemi d’arma. E, sostiene, per quanto riguarda gli organici, diecimila persone in più non bastano. Occorre dare incarichi ai volontari in servizio, per un anno. «Penso ai volontari in ferma breve che poi alimentano la riserva. Aumenterebbe l’organico in modo meno oneroso». L’intervista di Masiello ha, come si vede, una sua organicità. Ne dovremo discutere a lungo, perché disegna un rapporto nuovo tra forze armate, statualità, cittadinanza. Per ora anticipo tre brevi considerazioni. L’esercito che stanno plasmando il ministero della Difesa e lo Stato maggiore non è l’esercito disegnato dalla nostra Costituzione nell’articolo 11, un esercito, cioè, che difende i confini e i territori della patria ed un esercito di interposizione pacifica e diplomatica per la risoluzione dei conflitti. Il generale Masiello disegna, invece, un esercito di pronto, immediato intervento bellico, prevalentemente offensivo. Le sue parole, inoltre, «prepararsi all’Africa» delinea una concezione neocoloniale di conquista, di competitività imperialista sulle materie prime, sulle risorse africane. È questo il “piano Mattei” di cui parla la Meloni?

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