Dall’interpretazione alla trasformazione del mondo, a colloquio con Gianni Fresu, parlando del suo nuovo libro

«Io penso che Antonio Gramsci non possa essere sottratto dalla lotta politica contemporanea, trasformando la sua eredità in memoria letteraria del passato o riservando le sue categorie all’esegesi di un clero di specialisti». Si ribella radicalmente a una musealizzazione del pensiero del politico e autore dei Quaderni del Carcere Gianni Fresu, professore di filosofia politica all’Università di Cagliari dopo una lunga esperienza di insegnamento all’Università Federale di Uberlândia in Brasile. Siamo tornati a cercarlo per sapere di più del suo nuovo libro Questioni gramsciane (Meltemi).

«Questo mio nuovo lavoro raccoglie una sintesi di riflessioni maturate negli anni della mia esperienza in Brasile. È fondamentale leggere Gramsci alla luce della lotta politica attuale, come accennavo e aggiungo che l’indagine attorno alla sua opera oggi non può che scaturire dall’interazione tra filologia e traduzione filosofica, perché i due termini, reciprocamente funzionali, sono immanenti alla sua concezione del mondo. Disinteressarci del momento della traduzione della filosofia nella praxis significa privare il suo lascito teorico del principale contributo al pensiero critico mondiale, monumentalizzarne l’opera come se fosse un classico che poco ha da dire alla realtà odierna.

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