Oggi i politici non vogliono più la mediazione dei giornalisti e cercano il contatto diretto con le persone. Perché se non c’è un professionista serio a fare domande e fact checking, il politico dirà solo quello che gli conviene

L'inizio del 2025 ha segnato in maniera profonda lo scenario geopolitico globale, dando molto su cui riflettere, con preoccupazione. A ben vedere, però, il mutamento precede il cambio di calendario: l’elezione di Trump e l’ulteriore ascesa di potere di Musk sono il vero spartiacque, geopolitico e non solo, nel segno di una nuova e incendiaria aggressività. «You are the media now», ha profetizzato il tecnocrate di X subito dopo la vittoria di The Donald, e dell’altrettanto minaccioso vice J. D. Vance. È l’ideale del free speech, decantato dalla (nuova) Silicon Valley e dalle destre mondiali, a detta loro in difesa della libertà di espressione, ma in realtà deformando completamente il nobile principio illuminista, a partire dalla più becera estremizzazione verso un presunto - e scorretto - diritto di offesa e discriminazione, che nulla a che vedere ha con l’ironia illuministica.

Esattamente come con la laicità (specie nella Francia degli ultimi decenni), i partiti reazionari si appropriano di un concetto dei lumi alterandolo, in funzione dei loro abituali scopi avversi ad ogni forma di alterità culturale, con una neanche tanto velata pretesa di superiorità (sul caso francese si veda Jean Baubérot, La laïcité falsifiée, Paris, La Découverte).

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