Se c’è una cosa che dovrebbe apparire chiara, in questa prima metà del 2025, è che dare un colpo al cerchio e uno alla botte della politica non è la strada giusta da percorrere per sconfiggere le destre. Lo sanno bene i Democratici statunitensi, che dopo la sonora sconfitta alle elezioni presidenziali del 2024 sono spariti dalle scene per leccarsi le ferite e cercare di riorganizzarsi (forse, lo vedremo). Il ritiro dalla campagna elettorale dell’ex presidente Joe Biden e l’inserimento in extremis della sua vicepresidente Kamala Harris si sono rivelati una strategia fallimentare, dato che l’attuale presidente Donald Trump ha vinto sia il voto popolare che quello dei Grandi elettori.
Nel 2016, quando lo stesso Trump corse contro l’avversaria democratica Hillary Clinton, vinse solo il voto dei Grandi elettori, con circa tre milioni di preferenze popolari in più per Clinton. Se in quel caso la contraddizione di base del sistema elettorale statunitense non aveva garantito la Casa Bianca a chi aveva preso più voti dai cittadini, stavolta tutto coincide.
Harris è sparita quasi subito, dopo una campagna elettorale con una partenza elettrizzante e una fine inquinata dalla scelta di abbracciare posizioni più vicine alla destra che alla sinistra. Il suo compagno di ticket, Tim Walz, governatore del Minnesota che sarebbe diventato suo vice nel caso di una vittoria, ha invece dichiarato che il suo impegno in politica è più vivo di prima, perché se gli Stati Uniti si trovano nelle grandi difficoltà in cui li sta facendo sprofondare Trump è anche colpa sua, che avrebbe dovuto vincere e invece ha perso. Una delle poche voci, in realtà, che si sono alzate dalle fila del Partito democratico, che in buona parte sembra aver seguito il suggerimento di James Carville, storico consulente politico dei Dem e attore di numerose campagne elettorali, tra cui quella di Bill Clinton del 1992: fingersi morti.
In un editoriale pubblicato dal New York Times, Carville ha dichiarato che secondo lui non c’è motivo di agitarsi, perché il sostegno registrato nel 2024 da Donald Trump è destinato a scemare autonomamente, senza che l’opposizione debba fare nulla tranne che decidere chi candidare alle elezioni del 2028.
Una scelta, questa, che non ha nulla di scontato. La discesa Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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