Non ci si lasci ingannare. Quella che è un’offensiva delle destre più reazionarie, che sta modificando l’assetto politico, non solo in Europa, è quanto di più variegato e articolato. Le differenze fra le singole forze in crescita o, come in Italia, anche al governo, riguardano approcci nella politica interna e internazionale, persino nella cultura su cui forgiano la propria identità. Al parlamento Ue, non a caso, sono presenti in gruppi diversi, possono anche, non solo in Italia, costruire alleanze tattiche di governo e/o di opposizione ma permangono fra loro punti di concorrenza o tentativi di rivolgersi a diverso tipo di elettorato per conquistarne la fiducia.
Un tema però accomuna queste forze, anche se a volte con toni diversi: l’immigrazione vista pericolo comune, come capro espiatorio, come tema su cui scaricare ogni forma di insicurezza sociale, ogni questione che può essere risolta da un intervento politico solidale con i propri elettori. Lega e FdI, più di altri, sono stati dei veri e propri apripista, le loro campagne elettorali si sono svolte all’insegna del “fermeremo l’immigrazione incontrollata” (peraltro inesistente). A partire da “blocchiamo i porti” risultati concreti non ne sono stati ottenuti, non ci sono consistenti aumenti nei rimpatri anzi, su pressante richiesta degli imprenditori, il governo attuale è ogni anno costretto ad aumentare il numero di persone ammesse ad entrare con il cd. decreto Flussi, anche se ufficialmente solo per lavoro stagionale e dai Paesi con cui sono stati stipulati accordi di riammissione.
Nel triennio 2023-25 sono state ammesse 470 mila persone, per il 2026-28 oltre 497 mila. Peccato che il meccanismo obsoleto che dovrebbe regolare l’immigrazione in rapporto alle esigenze della produttività, non abbia mai funzionato. Vincoli burocratici, contratti di assunzione che esistono solo sulla carta, scarsa corrispondenza fra domanda e offerta, fanno sì che gli “ingressi regolari” siano pochissimi e che molte persone debbano continuare ad affidarsi ai permessi per motivi turistici, se va bene, all’ingresso rischioso e illegale se va male, o per chiedere asilo. Questo mentre continuano a vivere nel Paese, in alcuni casi da decenni, almeno 500 mila persone prive di titoli, spesso impiegate al nero nei settori nevralgici ma che soltanto la sciocchezza della propaganda impedisce di inserire con meccanismi di regolarizzazione permanente.
Questo è il quadro reale con cui il governo non è capace Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
Se sei già abbonato effettua il login




