Dare un volto ai cambiamenti, un tracciato ai tentativi, ascoltare i programmi di chi ha in testa un’idea, la educa dandogli nomi e destinazioni: parlare di Paesi Baschi, oggi, non è cosa semplice. Occorre capire che delle differenze esistono, come fra la parte spagnola e quella francese della regione, giacché la comunione delle intenzioni, o la velocità dei cambiamenti, può variare con le distanze. È necessario sottolineare che ci sono una pluralità di attori e movimenti in campo (alcuni più politicizzati, o più radicali, altri più impegnati sul fronte culturale o giovanile) che non per forza dialogano unitariamente su questioni comuni rivendicando in maniera energica, ciascuno, le proprie personali finalità. Tocca aver cura, nell’uso delle parole, nei numeri e nell’analisi degli eventi, del passato civile e politico di questa terra come dell’ancestrale attaccamento al senso identitario cui essa è indissolubilmente legata.
Del resto negli occhi dei testimoni di anni incerti e dolorosi permane un velo di incertezza, alcune ferite non accennano a risanarsi, ancora, ma i traumi della storia non possono impedire a nessun corpo di mutare in speranzose e nuove forme, e camminando lungo le rive del Nervión, in una Bilbao che strizza l’occhio all’eclettismo culturale più fervente, guidando attraverso i paesaggi rigogliosi di una natura ribelle, fra la regione di Bizkaia e la parte settentrionale della Navarra, questa potenza rigeneratrice affiora anche nei dettagli: è una lunga scia di intenzioni e iniziative, proclami sui muri, bandiere alle finestre, è un movimento dinamico e partecipato, un gruppo consapevole di persone che, a vario titolo e con molteplici intonazioni, perorano la medesima causa: il diritto di scegliere.
Perché il punto, secondo Angel Oiarbide, portavoce di Gure Esku Dago, movimento socio-culturale in favore della sovranità di decisione e basato sul pluralismo e la partecipazione cittadina, è proprio «quello di…