Lavorare per 83 euro al mese: è il compenso offerto a Milano a un giovane giornalista. Una storia tra tante tutte drammaticamente simili. Non a caso il il 50% dei lavoratori under 35 denuncia di aver subito il ricatto del lavoro nero o di ricevere solo proposte contrattuali umilianti
I giovani italiani non hanno voglia di lavorare. È un mantra qualunquista che viene ripetuto ormai sempre più spesso da una parte della classe politica italiana - per andare incontro ai diktat di quegli imprenditori che vogliono l’abolizione del reddito di cittadinanza - senza però mai argomentare con dati o studi di settore che spieghino da dove provenga questo assunto.
Un’indagine realizzata dal Consiglio nazionale dei giovani, con il contributo di Eures, ci racconta invece un’altra realtà. Non è vero che non si vuole lavorare, è vero invece che si chiede di lavorare a certe condizioni, quelle ad esempio indicate dall’articolo 36 della Costituzione («Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»). Di fatto, stando al report, il 50% dei lavoratori sotto i 35 anni denuncia di aver subito il ricatto del lavoro nero o di ricevere soltanto proposte lavorative con contratti precari e con retribuzioni che non superano i 10mila euro annui, costringendoli di fatto a non poter uscire dallo scudo del welfare familiare per trovare una propria indipendenza. Con queste basi, sempre secondo lo studio, il 75% del campione intervistato è seriamente spaventato dal proprio futuro lavorativo e pensionistico.
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