L’8 giugno del 1949 uscì il geniale libro testamento di Orwell: 1984. In questo 9 giugno 2023 torniamo a rileggerlo con voi, nella bella traduzione di Enrico Terrinoni, per fare un esperimento. Proviamo per un istante a trasferirci nell’Oceania immaginata dallo scrittore inglese. In quel Paese il Grande fratello (Big Brother) con il ministero dell’Abbondanza e della prosperità lavora, indefessamente – anche il primo maggio – alla riduzione dei diritti sociali e civili, plaudendo agli evasori fiscali.
In Ocealia (l’anti totalitario Orwell ci consenta questa licenza) il capo del Partito, per sé, ha scelto lo studio delle lingue, ma con il ministero della Verità, sorta di redivivo Minculpop, lavora assiduamente alla riscrittura revisionista del passato e alla imposizione di un Newspeak, una Neolingua artificiale che riduce il numero dei lemmi, semplifica i costrutti verbali, svuota di senso parole come umanità, crisi, vitalità, fantasia, trasformazione, evoluzione, sessualità… lasciando solo granitiche e guerresche parole: nazione, dio, patria, famiglia (naturale), mamma (cattolica), razza, etnia, muri, armi, carcere… Come racconta 1984 qui tutto deve essere sotto controllo e ogni questione sociale è affrontata come un problema di ordine pubblico e con il pugno duro: nella nostra Ocealia affacciata sul Mediterraneo la Psicopolizia (mental police) manganella persone inermi, picchia a sangue migranti reclusi in Cpr e imbottiti di psicofarmaci colpevoli del “crimine” di essere emigrati, mentre i piccoli grandi Fratelli al potere promettono di cancellare il reato di tortura. In terra di Ocealia guai a fare musica in raduni gratuiti, in luoghi all’aperto, fuori dal circuito gestito dal mercato perché si finisce in galera; guai a denunciare politiche che favoriscono disastri ambientali e climate change, perché per due schizzi di pomodoro gettati sul vetro di un quadro si finisce in gattabuia. Anche l’azione del parlare deve essere appunto solo un’azione meccanica e ridotta a monosillabi, con il minor uso possibile del cervello. Nella penisola dove solo gli autoctoni hanno diritto di cittadinanza e i ministri paranoicamente lanciano crociate contro fantasticate sostituzioni etniche non è consentito contestare esponenti del governo e neanche discutere alle fiere del libro con la ministra dell’Amore che, pontificando su Buonsex e Crime-sex, vorrebbe proibire la sessualità se non serve alla procreazione, costringere le donne a fare figli per la patria e far sì che i bimbi nati all’estero tramite gestazione per altri non fossero registrati, derubricandoli a “non persone”. Se a contestare sono comuni cittadini, in questo mondo all’arrovescio, l’accusa che viene loro rivolta è di fascismo. Se ad alzare dubbi e interrogativi verso il ministro della Pax (che viene dal mondo delle armi) è un intellettuale e scienziato riconosciuto internazionalmente viene semplicemente rimosso dall’incarico di rappresentare l’Ocealia alla Buchmesse; grazie al pio intervento di “benpensanti”, più realisti del re, poi costretti a far marcia indietro. In Ocealia, insomma, è consentito solo l’Ocopensiero al grido di “Oh che bel governo!”.
Nulla sfugge al ministero della Verità preposto al Newspeak, il “nuovo parlare” che sarà imposto a reti unificate. Per i giovani, che non guardano la tv, c’è invece il neonato liceo del “made in Ocealia”, dove gli studenti, dopo aver fatto il saluto alla bandiera, studiano solo l’economia nazionale, la tradizione e usi e costumi locali. Curiosamente un altro solerte piccolo grande Fratello, contestualmente, ha proposto di vietare l’inglese. Delle due l’una, diremmo, ma Orwell ci ha avvertito che ad Ocealia vige il bispensiero (dual mind): si basa sull’accettare come vera un’ipotesi, oppure il suo contrario, a seconda di quale delle due il Partito consideri necessaria in quel momento.
Per dirla con le parole di Orwell, significa: «Sapere e non sapere, essere consapevoli della totale veridicità, proprio mentre si raccontavano bugie ben costruite, intrattenere simultaneamente due opinioni che si annullano a vicenda, ripudiare nei fatti la moralità avanzando pretese morali, lavorare perché la democrazia sia impossibile e credere che il Partito sia l’unico baluardo democratico. Ecco la sottigliezza definitiva. Indurre consapevolmente l’inconsapevolezza e poi, di nuovo, essere inconsapevoli dell’autoipnosi appena praticata».
Così c’è chi pensa che il Partito sia il nuovo e si dimentica la fiamma che vi aleggia. Così si pensa che il Grande Fratello sia “pronto” e si chiudono gli occhi sull’incapacità della sua classe politica e il suo procedere a zig zag, fra annunci di provvedimenti e marce indietro. Così si pensa che a capo del Partito ci sia una donna moderna e si assorbe il catechismo della papessa e del papa che addita come assassine le donne che decidono di abortire. Sono passerelle, direte voi, ad uso di telecamere, ora mostrandosi mano nella mano con i potenti della terra ora in galosce (vi ricordano qualcuno?) nella Romagna alluvionata.
Indubbiamente potenti armi di distrazione di massa per far “dimenticare” inefficienza e incapacità di governare e di rispondere ai problemi reali del Paese. Che in questo modo rischia di perdere il treno miliardario del Pnrr, non affrontando riforme democratiche non più procrastinabili su giustizia, fisco, transizione ecologica e molto altro. Intanto il Grande fratello avvia il picconamento della Costituzione con controriforme come il presidenzialismo e l’autonomia differenziata: un pericoloso combinato disposto fra torsione autoritaria e attacco all’uguaglianza di diritti dei cittadini nonché all’unità della nazione. Ma non erano quelli del tricolore legato al braccio destro? Come dicevamo, a ben leggere, Orwell ci aveva già avvertiti: in Ocealia regna uno schizofrenogeno double mind. In questa storia di copertina – fuor di metafora – lo indagano intellettuali e colleghi giornalisti in maniera approfondita.
Viva la resistenza dei tanti e delle tante Winston Smith che non rinunciano alla propria umanità, che si ribellano a ogni tipo di sottomissione e lottano per il cambiamento. Viva il libero pensiero.
Le parole in neretto sono mutuate da 1984, (Newton Compton) romanzo al quale ci siamo liberamente ispirati… non ce ne voglia George Orwell