Al Mume di Messina una mostra ricostruisce l’amicizia e la ricerca comune che unì il Merisi e Mario Minniti. Ma anche il grande fascino che l’arte del maestro del Realismo esercitò sui coevi pittori siciliani
Mario Minniti è amico del cuore di Michelangelo o Michele Merisi da Caravaggio e a tutta prima la cosa sorprende. Difficile pensare a una così marcata differenza tra i due. Tanto Michelangelo è affilato nei lineamenti, negli zigomi pronunciati, nel mento squadrato, nel naso aguzzo quanto Mario è morbido, dolce, tondo, quasi angelico.
E così ci appare ripetutamente nei quadri di Caravaggio a cominciare dal giovane ingenuo de La buona ventura del 1595 oggi al Louvre per continuare in molti altri dipinti come nella Vocazione e poi nel Martirio di San Matteo del 1600 a San Luigi dei Francesi a Roma. Mario è molto vicino a Michele sino all’inizio del Seicento e forse anni prima era stato anche suo apprendista e aiutante visto che i sei anni di differenza sono un’enormità quando si è giovani. Rimarrà comunque sempre amico del Caravaggio visto che nel 1603 è segnalato in un documento tra i suoi sodali al famoso processo per gli sberleffi al pittore Baglione. Poi Mario scompare da Roma, dove è finito?
Minniti è tornato nella sua natìa Siracusa dove vivrà una vita felice e relativamente lunga per i tempi (1577-1640), così diversa da quella brevissima e drammatica dell’amico (1570-1610). Anzi, nelle peregrinazione nel Mediterraneo di Michele e nei suoi due soggiorni in Sicilia, sicuramente Mario il siracusano dette aiuto e supporto all’amico lombardo.
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