Cosa pensano, che realtà vivono i giovani di Gaza sotto le bombe di Netanyahu e sotto il giogo di Hamas? Cosa pensano e che realtà vivono i giovani israeliani presi in ostaggio dai terroristi di Hamas, dopo aver visto uccidere loro coetanei con i quali ballavano pacificamente in un rave? Riusciranno a sopravvivere e a conservare una speranza di un futuro diverso, come era nei loro sogni? Sembra quasi impossibile. Anche perché i rispettivi governi, quello israeliano e quello di Gaza, sono contro di loro. Come abbiamo visto dolorosamente in questa ripresa del conflitto israelo palestinese a nessuna delle due opposte fazioni interessano davvero i diritti umani dei civili palestinesi e degli ostaggi israeliani. Hamas e Netanyahu, incarnando opposti e speculari fondamentalismi religiosi, si tengono per mano e si fanno guerra sulla loro pelle. Hamas e altri gruppi jihadisti vogliono distruggere ogni alternativa di governo laico e socialista in Palestina, complici anche le ben note e ingiustificabili debolezze dell’Autorità palestinese, che non indice elezioni in Cisgiordania da molti anni.
Nello Stato di Israele ebraizzato nel 2018, il governo di ultra destra di Bibi Netanyahu che vuole esautorare la magistratura con una contestata riforma, ha favorito e incoraggiato l’illegale espansione delle colonie, quando non azioni di vera e propria pulizia etnica contro i Palestinesi come è accaduto a Gerusalemme Est. Nonostante la sua grave ed evidente défaillance riguardo alla sicurezza interna, Netanyahu vorrebbe mettere a tacere l’opposizione israeliana che nei mesi scorsi e anche in queste ultime settimane si è riversata massicciamente per le strade di Tel Aviv, chiedendo le sue dimissioni. Intanto a Gaza, mentre scriviamo, sta deliberatamente mettendo in atto uno sterminio, senza che fin qui né le Nazioni Unite né l’Europa, né l’America abbiano mosso un dito per fermarlo, al di dà di tanti discorsi e delle coraggiose parole del segretario generale Antonio Guterres.
Due milioni di civili palestinesi sono stati assediati, ridotti alla fame, sono stati privati di luce, acqua e medicinali, come documenta su questo numero il reportage di Tina Marinari di Amnesty international. L’organizzazione apartitica per i diritti umani che già nel 2022 documentava l’apartheid praticato da Israele ai danni dei palestinesi di Gaza, che subiscono l’occupazione militare dal lontano 1967.
Negli anni su Left abbiamo scritto molto sulla Palestina, lanciando l’allarme riguardo a queste inaccettabili violazioni dei diritti umani e dei trattati internazionali, dando voce proprio alle nuove generazioni di Gaza che non si riconoscono né nel fondamentalismo retrivo di Hamas, né nella corrotta Anp. Una generazione che prova a non perdere la speranza ma non ha rappresentanza, che – prima di questa distruzione totale – affidava la propria voce ai social, esprimendosi artisticamente con mezzi di fortuna, come documenta da anni il festival Nazra, anche in Italia, e che ora mette a disposizione i suoi film (fra quali anche il docufilm Gaza di Keane e McConnell che ha ispirato la copertina di questo Left). Nella cover story a cui hanno lavorato giornalisti, storici, esperti di diritto internazionale e psichiatri proponiamo nuove inchieste, interviste, approfondimenti su quel che sta accadendo in Palestina e in Israele, dove – sfuggendo alla logica tribale del dente per dente brandita da Netanyahu – cresce l’onda dei giovani obiettori di coscienza, di cui nessuno parla sui media mainstream. Ma il nostro compito va oltre la cronaca e la denuncia per quanto urgentissime. Così proviamo a sollevare domande radicali: davvero la guerra è l’unica soluzione? Oppure come diceva Gino Strada, e come noi pensiamo, è disumana, è un cancro che va eradicato dalla storia? Come far uscire l’umanità dalla trappola della guerra? si domandava già Einstein, intuendo che per trovare la risposta non ci si potesse affidare solo alla fredda ragione calcolatrice, ma bisognasse indagare più a fondo. Lo studio della storia e dell’antropologia un po’ ci conforta, se diamo uno sguardo al passato possiamo scoprire che sono stati tanti i momenti in cui l’umanità ha saputo trovare alternative alle guerre per risolvere i conflitti: Mandela, Gandhi, ma anche Federico II andando più indietro nel tempo ne sono stati testimoni, come scrive Raffaele Crocco, curatore de L’Atlante delle guerre. Se guardiamo all’antropologia e alla moderna psichiatria potremmo scoprire che la violenza non è innata, che la distruttività è malattia che può essere affrontata e curata. Gino Strada diceva che la guerra non è umanizzabile, che va abolita, non esiste codice di guerra che possa renderla più accettabile. Lo diceva alla luce di una concreta esperienza di medico di guerra, lontanissimo dagli astratti discorsi dei guerrafondai da divano e da salotto tv che bloccano la riflessione pubblica, fin dallo sciagurata invasione dell’Ucraina perpetrata da Putin e continuano ora accusando di antisemitismo e di filo terrorismo chiunque osi criticare le politiche di ultra destra di questo governo israeliano che finge di non sapere che il popolo palestinese non coincide con Hamas e con questa scusa mette in atto una disumana punizione collettiva facendo una immane strage di civili, donne e bambini. Di fronte a tutto questo non possiamo voltarci dall’altra parte. Molte migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro questa carneficina nel Medio Oriente e in tante città occidentali, compresi gli Usa e quella Parigi dove le manifestazioni pro Palestina sono state vietate da Macron. «Non mi appassiona la discussione uno Stato due Stati ma l’affermazione del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione, alla libertà» ha detto in un’intervista Luisa Morgantini profonda conoscitrice dell’area e già vice presidente del Parlamento europeo. «Giovani palestinesi e israeliani sempre più dichiarano di volere uguaglianza di diritti. La vergogna è della comunità internazionale che ha permesso ad Israele di essere impunita per una occupazione e colonizzazione che dura da decine e decine di anni».
Illustrazione di Fabio Magnasciutti